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mercoledì 31 maggio 2023

Recensione: "La Meridiana" di Shirley Jackson (a cura di Ms Rosewater)

Buongiorno, lettor*!
Oggi la nostra Ms Rosewater ci regala il suo parere su uno degli ultimi romanzi pubblicati da Adelphi di Shirley Jackson, La Meridiana. È stata per lei una lettura complessa ma molto stimolante. Scoprite tutto nella recensione e lasciateci un commento, se vi va. A presto! ;)

La Meridiana
di Shirley Jackson

Prezzo: 9,99 € (eBook) 19,00 € (cop. flessibile)
Pagine: 251
Genere: narrativa contemporanea, gotico
Editore: Adelphi
Data di pubblicazione: 28 ottobre 2021
Acquista su: IBS, laFeltrinelli

Una famiglia che pullula di svitati, un codazzo di parenti e amici e servitori, una villa monumentale in mezzo a un parco. Sono gli ingredienti di questo romanzo di Shirley Jackson, che si apre con i protagonisti – di tutte le età e affetti da ogni forma di mania – di ritorno dal funerale del figlio di Mrs. Halloran, che, dice serafica la piccola Fancy, la nonna ha buttato giù dalle scale: per tenersi stretta la villa. Come se non bastasse, poco dopo zia Fanny riferisce di aver avuto un incontro in giardino con il padre, defunto da tempo, il quale le ha annunciato che la fine del mondo è imminente e che loro saranno gli unici a salvarsi. E non è finita: qualcuno va a riferire la notizia in città, ed ecco presentarsi la delegazione locale dei Veri Credenti, i quali non possono che condividere la logica apocalittica, ma, siccome sono convinti che a salvarli ci penseranno gli alieni, sono venuti a chiedere di farli atterrare nel parco. E noi lettori, ormai completamente in balìa di una Jackson in stato di grazia, che dispensa a piene mani uno humour che si potrebbe definire vitreo, ci lasceremo trascinare da un crescendo di follie e sorprese – sino, letteralmente, alla fine (del mondo?).

Per una volta, io e lo zio Renato non concordiamo: a lui La Meridiana non è piaciuto e ha smesso di leggerlo dopo circa 100 pagine, lo ha trovato troppo contorto, con troppi personaggi che finiscono per confonderlo. In parte gli do ragione, soprattutto all'inizio, si è disorientati di fronte alla famiglia allargata degli Halloran, i cui componenti hanno collocazioni incerte o equivoche, sono privi di descrizioni significative, lasciati all'immaginazione del lettore e immersi, a partire dalla prima pagina, in un'atmosfera gotica che farebbe pensare, se non fosse per la successiva comparsa di automobili e radio, di trovarsi nel 1800. Ci vuole forse più tempo per entrare nel ritmo di questo lavoro rispetto ad altri di Shirley Jackson, ma una volta riusciti sarà difficile posare il libro.

Tre temi fondamentali della letteratura di quest’autrice, la famiglia, la casa e la società, si dispongono come cerchi nell'acqua, ognuno sprigiona dal precedente e vi torna continuamente, intimamente collegati in una rete dalla quale sembra non esserci scampo.

Al centro il gruppo degli Halloran, comandato da Orianna, moglie del più vecchio e malato Richard Halloran, evidentemente sposato per interesse, e - viene immediatamente dichiarato dalla nipotina Fancy - assassina del suo stesso figlio, Lionel Halloran. Intorno a lei la Giovane Mrs Halloran, nuora e madre di Fancy, bambina che ha ereditato il cinismo e la spietatezza della nonna e come lei desidera il possesso della grande Villa; Essex, giovane di bell'aspetto assunto per un lavoro nella biblioteca ma evidentemente legato a Orianna da altri motivi; zia Fanny (Frances Halloran), cognata di Orianna, chiusa nel mondo spaventoso della sua infanzia e della gloria della famiglia; e Miss Ogilvie, istitutrice di Fancy.

Se rileggete l'elenco noterete quante volte viene ripetuto il cognome Halloran, un mantra che accompagna quasi costantemente la lettura, soprattutto nei primi capitoli, creando in effetti una sensazione di sovraffollamento e confusione, una ripetizione ossessiva che ribadisce la separazione tra chi appartiene a quel nome e chi no. E' un nome che fagocita coloro che lo portano, trasforma Orianna, e perfino la nuora, rendendole parte di una tribù nella quale il loro passato, la nascita in una classe popolare diventa motivo di disapprovazione e va cancellato e sostituito da una posizione in linea ereditaria.

Halloran è simbolo di status sociale, potere, denaro, dominio sulla di per sé inquietante comunità del paese vicino, iponimo della società americana, bigotta e perbenista, ma disponibile a dimenticare (comunque non perdonare) le prepotenze subite accettando denaro e regalie e sorridendo al ricco prepotente.

L'orgoglio di questo nome e del suo patrimonio sono le fondamenta su cui è stata edificata la Villa, una casa appartata, maestosa e ricca, piena di stanze inesplorate (viene in mente l'Overlook Hotel di Shining) che nelle intenzioni del suo costruttore doveva esprimere la superiorità di coloro che l'abitavano: è la rappresentazione concreta della distanza che separa gli Halloran dal resto del mondo, del male che prende forma nel desiderio di possesso di Orianna e contemporaneamente nella malinconia e la fragilità di Fanny; è Arca di Noè e allo stesso tempo prigione dalla quale è impossibile fuggire, il suo potere si estende ben oltre il cancello d'ingresso. Si tratta dell'immagine più potente del libro, che rivela continuamente nuovi aspetti, un luogo che col procedere della storia diventa quasi un claustrofobico Stato a sé con bizzarre leggi proprie via via più scollegate dal reale, in cui solo alcuni esterni saranno ammessi per non potersene più andare. Coloro che sono accettati al suo interno (o vi entrano scavalcando il muro di cinta) diventano una sua proprietà.

La trama, incentrata sulle visioni di Fanny di una prossima, vicina fine del mondo, si apre attraverso dialoghi tesi che rivelano la natura cinica e rapace di tutti i personaggi. Jackson è riuscita a manipolare magistralmente il sogno (attenzione alla citazione di Hansel e Gretel) e la visione delirante, le apparizioni di cui è testimone Fanny ricordano il Giro di vite di James, intrise non solo di elementi apocalittici, ma di un orrore domestico legato alla memoria, alla famiglia come insieme di legami prevaricatori e crudeli che riproducono la meschinità della società al di là dal muro.
L'atmosfera, già inquietante, si carica sempre più di tensione, i protagonisti sembrano assumere caratteri archetipici e scivolare lentamente in uno stato di follia che ricorda L'Angelo Sterminatore e Il fascino discreto della Borghesia di Bunuel, mentre la Villa, il suo labirinto che porta un nome di donna e la stessa meridiana diventano emblemi dell'Apocalisse in arrivo.

Shirley Jackson ha creato un romanzo dalla potenza compressa che inizia come un horror, si sviluppa con acida ironia fino a diventare grottesco e ritornare al tema iniziale senza svelare il segreto della fine del mondo. Profondamente pessimista nei confronti della società e dell'umanità, destinate a sparire, è difficile non leggervi, volendo andare al di là del già ricchissimo racconto narrativo, un'allegoria politica della lotta di classe, che richiama addirittura la nascita del Capitalismo con le famigerate Enclosures, e una visione di subalternità e separazione tra detentori del capitale e proletari. Il finale poteva seguire la logica della teoria Marxista, ma anche quello sarebbe stato un ottimismo che l’autrice non poteva permettersi.

Niente potrà prepararvi a superare indenni questa lettura. 7 tazzine

Ms Rosewater



Photo credit: @lisapavesi

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