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mercoledì 23 ottobre 2024

Recensione: "L'uomo che amava i bambini" di Christina Stead (a cura di Ms Rosewater)

Buongiorno, lettor*! ^^
Oggi una nuova recensione per voi ;) La nostra Ms Rosewater ha letto L'uomo che amava i bambini, di Christiana Stead, una storia controversa che ha analizzato con particolare attenzione. Vi consiglio di non perdervela. Ricordate di lasciare anche un commento, se vi va ;) A presto!

L'uomo che amava i bambini
di Christina Stead

Prezzo: 8,99 € (eBook) 16,00 € (cop. flessibile)
Pagine: 659
Genere: narrativa contemporanea
Editore: Adelphi
Data di pubblicazione: 30 settembre 2021
Acquista su: IBS, laFeltrinelli (link aff.)

Le famiglie, com'è noto, fra le altre cose generano mostri – e talvolta da mostri vengono distrutte. Forse a questa verità generale siamo preparati: molto meno alla constatazione che possano esistere mostri come Sam, in apparenza il più tenero, sorridente, affidabile dei mariti e dei padri. Per parlare con i suoi figli, e per attirarli a sé, Sam è disposto a tutto, anche a inventare una sua personalissima versione della lingua artificiale e orribilmente dolciastra con cui gli adulti spesso immaginano che i bambini amino comunicare. Eppure, in questo caso il trucco va a segno, e il lessico familiare, luccicante e perverso di Sam trascinerà inesorabilmente in un gorgo patologico e autodistruttivo prima la moglie Henny, poi i sette ragazzi nati dal matrimonio. Con un'introduzione di Jonathan Franzen e un saggio di Randall Jarrell.

Antonio Tettamanti, giornalista e sceneggiatore che ho avuto la fortuna di avere come insegnante, era una fonte inesauribile di titoli, soprattutto americani, che valeva sempre la pena di leggere. Sabba familiare di Christina Stead era il volume più oscuro e introvabile della sua bibliografia consigliata. Di lei avevo recuperato La casa vicino al ruscello (oggi introvabile pure quello), ma non ero riuscita a trovare il romanzo consigliato da Antonio. Solo dopo aver acquistato L'uomo che amava i bambini ho scoperto che si tratta proprio di quel libro che nell'edizione di Adelphi ha riacquistato il suo originale e non meno inquietante titolo. Anche se, pure Sabba Familiare calza perfettamente.

La famiglia Pollit-Collyer (ma soprattutto Pollit) è infatti sottilmente sinistra. La loro non facile vita è regolata dagli umori e dal fascino di Sam Pollit, padre di ben 7 figli che misura il mondo su di sé, cercando di piegarlo alle proprie leggi a cominciare - manco a dirlo - dalla prole, che gestisce con un autoritarismo altamente manipolatorio rivestito di zuccherosa retorica e vittimismo. Le armi per ricondurre bambine e bambini all'obbedienza sono l'ammaliante parlantina, il moralismo e la derisione, i nomignoli con cui flagella tutti, i figli, la moglie, i vicini, i parenti, le maestre dei figli. Egli esercita un (apparente) totale dominio sulle menti dei piccoli Pollit e la casa, i mobili, gli abiti e l'aria ne sono intrisi, ogni azione è commentata, ogni cosa riportata al suo implacabile metro di giudizio.

A questo soffocante colonnello Von Trapp (ha creato per ogni figlio un richiamo diverso) fa da contro altare una dolente e rancorosa Maria, incarnata da Henrietta (Henny o Piccola o Mammissima, eccetera), una donna viziata proveniente dalla ricca e influente famiglia Collyer di Baltimora, che si nutre del proprio disgusto e rancore verso la vita e soprattutto verso Sam, che mettendola continuamente incinta l'ha incastrata in un'esistenza miserabile. Burbera, acida e per niente tenera con i figli, Henny subisce in prima persona il comportamento del marito ed è l'unica, insieme all'adolescente Louise (figlia del primo matrimonio di Sam) a comprenderne appieno le funeste conseguenze presenti e future del regno di Sam. L'elaborata esibizione di ottimismo e le assurde trovate che creano continuo scompiglio nel compound Pollit altro non sono se non la dissimulazione di un uomo fallito che si rifugia in una realtà ristretta e sempre più soffocante, l'unica in cui riesce a imporre, attraverso un linguaggio che mima quello dei bambini ma che nasconde una terribile violenza, la sua visione patriarcale e la sua autorità.

Henny nella sua apparente (e talvolta reale) follia (la sua unica possibilità di non accettare il destino) strepita, picchia e invoca l'infanticidio, guarda in faccia il proprio declino mentre il marito vampirizza l'infanzia dei figli illudendosi di poterne controllare ogni mossa e ogni pensiero per sempre.

Con le loro spaventose scenate, la totale incapacità educativa e la predazione psicologica dei figli Henny e Sam sono personaggi mitologici, estremi, archetipici, destinati a rovinare totalmente la vita delle creature che dipendono da loro. L'incredibile racconto che Christina Stead modella sulla propria infanzia è una catarsi liberatoria e feroce: lo sbriciolarsi del mito della famiglia, la durissima critica del sistema americano incarnato da Sam Pollit, dal suo dispotismo, il vittimismo, la misoginia, con la continua denigrazione del genere femminile, incluse figlie (che fantastica di tenere a casa da scuole per trasformarle in serve) e moglie.

Alter ego di Stead, Louise è la prima di tutti i bambini a comprendere fino in fondo la follia delle dinamiche di famiglia, a subirne la corruzione nel proprio carattere, ma pure a ribellarsi
al padre-padrone di casa, creando un muto sodalizio con la matrigna, difendendola contro il padre, nonostante non riceva mai un riscontro.

L'immane progetto di ricreare un cosmo familiare così complesso e carico di costante tensione pronta a trovare sfogo nelle sconvolgenti scene di gruppo, coi bambini che sciamano attorno alla casa al seguito di Sam e di una sua nuova impresa passa attraverso la lingua e tutte le forme che può assumere. Non solo l'eloquio spumeggiante, logorroico e insopportabile di Sam Pollit, la sua lingua infantile, le esibizioni di suo padre Charles, le filastrocche, i drammatici monologhi shakesperiani e le canzoni di Henny, le fiabe, citazioni e opere poetiche e teatrali di Louise (altro riferimento al Bardo). Ogni personaggio discende dalla propria parlata e si costruisce attraverso ciò che dice e i mezzi coi quali si esprime, con i sussurri, le risate, le urla e i silenzi.

Anche se è molto lungo e a volte sembra che non succeda nulla per pagine e pagine, in realtà si tratta di un romanzo a modo suo trascinante, che costringe a non mollarlo e arrivare fino alla foce della vicenda dei Pollit e al mare di quello che verrà dopo. Anche stavolta il Tettamanti aveva ragione.

7 tazzine!


Ms Rosewater


Photo credit: @lisapavesi

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