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giovedì 25 novembre 2021

Review Party: "Darius, va tutto bene (forse)" di Adib Khorram

Buongiorno, lettor*!
Oggi partecipo al Review Party di “Darius, va tutto bene (forse)” di Adib Khorram, edito Rizzoli. Una storia semplice, che però si distingue per la presenza di tematiche di un certo calibro, come depressione e bullismo. Vi lascio alla recensione e vi invito a non perdere nessuna recensione di questo splendido evento. Un ringraziamento alla casa editrice per la copia omaggio in cambio di un’onesta opinione.

Darius, va tutto bene (forse)
di Adib Khorram

Titolo originale: Darius the Great is not okay
Prezzo: 17,00 € (cop. flessibile)
Pagine: 352
Genere: young adult, lgbt, ragazzi
Editore: Rizzoli
Data di pubblicazione: 16 novembre 2021

Darius Kellner ha sedici anni, vive a Portland ed è mezzo persiano da parte di madre, ma sa più il klingon di Star Trek che il farsi, e conosce meglio le usanze degli Hobbit che quelle persiane. Ora, il suo primo viaggio in Iran sta per rivoluzionargli la vita. Darius non è esattamente quello che si dice un ragazzo popolare a scuola: farsi accettare per quello che è non è mai stato semplice ed è convinto che in Iran sarà lo stesso. Ma quando abbraccia per la prima volta la nonna e incontra Sohrab, il ragazzo della porta accanto, tutto cambia. I due cominciano a trascorrere insieme le giornate giocando a calcio, mangiando faludeh e parlando per ore su un tetto, il loro posto segreto con vista sulla città di Yazd. Sohrab e la sua famiglia persiana lo chiamano Dariush, e lui non si è mai sentito se stesso come in quel momento: per la prima volta nella vita sente che forse, forse, le cose dopotutto potrebbero davvero andare bene per lui...

Darius, va tutto bene (forse)
è il genere di storia che solitamente mi piace molto, uno young adult che affronta temi importanti e che, alla fine, riesce sempre a toccare il cuore. Sin da subito mi sono trovata a mio agio con lo stile di scrittura di Khorram, che mi è parso originale e molto scorrevole, ma quello che mi ha colpito di più è stata sicuramente la scelta del protagonista di origini persiane. Darius vive in America, ma è per metà persiano. Lui non si sente esattamente un persiano, non conosce quasi per nulla la lingua, non è mai stato in Iran, vede i nonni tramite Skype e di loro sa poco e niente. Eppure, allo stesso tempo, con i suoi tratti così spiccatamente mediorientali, in mezzo ai suoi coetanei, si sente fin troppo persiano, fin troppo diverso. La sua diversità non manca di attirare attenzioni e spesso viene preso di mira dai compagni bulli, che gli affibbiano nomignoli imbarazzanti e lo fanno sentire inadeguato. A complicare le cose, si aggiunge anche il rapporto altalenante con il padre. Darius è convinto che suo padre non lo apprezzi per com’è ma voglia cambiarlo, che si vergogni di lui. Non si sente, dunque, a suo agio nel suo corpo né insieme agli altri. Darius soffre di depressione da anni, così come suo padre. Entrambi assumono medicine per controllare il male che li attanaglia, quel profondo e costante disagio che provano senza conoscerne davvero le cause. Un rito, questo, che li accomuna, così come la visione giornaliera di episodi di Star Trek dopo cena. Un momento tutto loro in cui si sentono più vicini che mai, anche se in realtà sembrano allontanarsi sempre di più.
Quando il nonno, malato di tumore, si aggrava, i genitori di Darius decidono di partire per l’Iran, scelta che non fa impazzire Darius ma che potrebbe portare dei cambiamenti. È, infatti, qui che Darius imparerà ad abbattere i suoi muri, a sentirsi meno a disagio e più parte di qualcosa, a comprendere il valore e l’importanza delle tradizioni, a legarsi ancora di più alla sua famiglia, soprattutto ai nonni che non conosceva abbastanza. Imparerà ad accettarsi di più, ad apprezzare quelle cose di sé che ha sempre detestato, imparerà anche molte cose nuove e farà amicizia. Sarà grazie a Sohrab che molti di questi cambiamenti avverranno. Sohrab è il vicino di casa dei nonni, un ragazzo davvero speciale e in gamba che lo porterà in giro per Yazd a esplorare angoli meravigliosi, a chiacchierare fino a tardi, a giocare a calcio… Con lui Darius riuscirà ad aprirsi come non ha mai fatto con nessuno, a confidarsi come aveva bisogno di fare da tempo, a essere se stesso fino in fondo senza sentirsi fuori posto. Sohrab lo capisce, lo ascolta, lo consola, lo incoraggia. Gli fa comprendere quanto non tutto faccia schifo e quanto importante sia non giudicare dall’apparenza.

Darius, va tutto bene (forse) è un romanzo che regala momenti molto teneri, oltre ad affrontare un calderone di tematiche che spaziano dal bullismo, ai pregiudizi razziali, dalla depressione ai rapporti familiari conflittuali. C’è davvero un po’ di tutto in questo romanzo e, in un primo momento, ammetto di aver avuto un attimo di sconcerto pensando fosse anche troppo e che l’autore non sarebbe riuscito a calibrare tutto a dovere. La tematica LGBT è forse quella meno presente. Leggendo la trama mi sarei aspettata una parte romance ben preponderante, ma sono stata contenta così non sia stato e si sia lasciato, per una volta, spazio ad altro. La storia procede con uno stile fluido e degne di nota sono le citazioni di Star Trek e Il Signore degli Anelli di cui Darius è fan accanito. Il punto davvero forte, però, sono tutti i riferimenti alla cultura persiana, che in questo tipo di romanzo risulta essere una novità assoluta. L’ambientazione, le tradizioni, il cibo e persino la lingua, Khorram ci apre una porta su un mondo ricco di fascino e decisamente interessante, sebbene tanto lontano dal nostro. In più, affronta tematiche abbastanza tabù con semplicità disarmante, portandoci a riflettere e regalandoci momenti anche molto emozionanti. Ho trovato semplicemente bellissima l’ultima parte del romanzo, quando il padre di Darius gli dice che “Va bene non stare bene”.

Non bisogna vergognarsi di non stare bene, di essere depressi o avere malattie mentali, non bisogna vergognarsi a parlarne, tenersi tutto dentro come fosse un oscuro e cattivo segreto. Affannarsi a essere felici e perfetti a ogni costo non porta a nulla, va bene anche essere tristi ogni tanto, la tristezza non è sempre un male, a volte è l’unica maniera per riuscire ad affrontare le cose, una tappa dalla quale bisogna passare. Abbracciare la tristezza può aiutare a guardare le cose da una prospettiva diversa, può portare a far finalmente cadere quei muri innalzati per tenerci al sicuro dagli altri e dal mondo, persino da noi stessi. Darius, va tutto bene (forse) è una storia che si prende il suo tempo, ha una prosa talvolta ridondante, ma che arriva al cuore. Darius, con la sua affezionata zazzera, la sua passione per il tè, il suo spiccato lato nerd, il suo non sentirsi mai all’altezza, mi ha fatto una gran tenerezza. Penso che ci si possa facilmente rispecchiare in lui, in qualche parte del suo carattere, e penso che alla fine sarà impossibile non amarlo.

A presto!
xoxo
Fonte immagini: Google immagini e Pinterest
Banner: @paranormalbookslover

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