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lunedì 16 maggio 2022

Recensione: "Resto qui" di Marco Balzano (a cura di Anna)

Buongiorno, lettor*!
Oggi Anna inaugura la nuova settimana con la recensione di "Resto qui", di Marco Balzano, un libro che narra di vicende realmente accadute e che lei conosce bene grazie ai racconti del padre. Scoprite la sua opinione e fateci sapere cosa ne pensate. A presto!

Resto qui
di Marco Balzano

Prezzo: 7,99 € (eBook) 11,50 € (cop. flessibile)
Pagine: 192
Genere: narrativa contemporanea
Editore: Einaudi
Data di pubblicazione: 25 febbraio 2020

L'acqua ha sommerso ogni cosa: solo la punta del campanile emerge dal lago. Sul fondale si trovano i resti del paese di Curon. Siamo in Sudtirolo, terra di confini e di lacerazioni: un posto in cui nemmeno la lingua materna è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. Quando Mussolini mette al bando il tedesco e perfino i nomi sulle lapidi vengono cambiati, allora, per non perdere la propria identità, non resta che provare a raccontare. Trina è una giovane madre che alla ferita della collettività somma la propria: invoca di continuo il nome della figlia, scomparsa senza lasciare traccia. Da allora non ha mai smesso di aspettarla, di scriverle, nella speranza che le parole gliela possano restituire. Finché la guerra viene a bussare alla porta di casa, e Trina segue il marito disertore sulle montagne, dove entrambi imparano a convivere con la morte. Poi il lungo dopoguerra, che non porta nessuna pace. E così, mentre il lettore segue la storia di questa famiglia e vorrebbe tendere la mano a Trina, all'improvviso si ritrova precipitato a osservare, un giorno dopo l'altro, la costruzione della diga che inonderà le case e le strade, i dolori e le illusioni, la ribellione e la solitudine.

Chi mi conosce già qui sul blog Coffee&Books sa che leggo solo, soltanto ed esclusivamente libri per bambini e ragazzi, ma mi è capitato tra le mani, per uno di quei casi fortuiti della vita, questo romanzo contemporaneo di Marco Balzano, vincitore di molti riconoscimenti tra cui il secondo posto al Premio Strega nel 2018 e ho dovuto leggerlo. Ora vi spiego perché. Durante questi ultimi anni di pandemia, in qualche modo costretti a fare i conti con la solitudine, la confusione e la paura, molti di noi si sono interrogati sul senso della vita, sull'importanza di valori come la libertà, la serenità, la realizzazione dei propri desideri, la famiglia, le radici... chi si è interrogato molto e ha scelto di condividere con me pensieri, dubbi, ricordi e speranze è stato mio padre, un uomo dalla spiccata sensibilità di 80 anni, orgogliosamente Alto Atesino, che ha riportato alla memoria e scelto di regalare alla nostra famiglia un racconto, pubblicato anche dal quotidiano Alto Adige, in cui ha raccolto i suoi ricordi di infanzia nel suo paese natale. Uno dei ricordi risalente all'epoca dei miei nonni paterni che mi ha sempre affascinata, fin da quando da bambina mio padre ci raccontava queste vicende come fossero delle favole, è quello relativo alla maestra del paese, Angela Nikoletti, la “maestra delle catacombe”. Angela naque a Magrè sulla Strada del Vino nel 1905, e nel 1914 la sua famiglia fu disgregata dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Fu accolta e cresciuta dalla zia che le permise di studiare e diplomarsi alla scuola magistrale nel 1926 diventando maestra. Nel frattempo, però, in tutta la regione, di madrelingua e cultura tedesca, il governo fascista ordinò di italianizzare la burocrazia, l’educazione, la religione, l’anagrafe e ogni aspetto della vita quotidiana, compresa la scuola. Fu proibito l’insegnamento in lingua tedesca e docenti italiani furono imposti in classi in cui né bambini, né familiari conoscevano la lingua italiana. Di nascosto, pena l'ammonizione del podestà e la carcerazione, in tutto l’Alto Adige vennero organizzate scuole alternative e segrete in lingua tedesca. Maestri del posto si mettevano a disposizione, rischiando in prima persona, e radunavano i bambini in aule improvvisate, con l’aiuto silenzioso dei preti che offrivano i locali sotterranei delle chiese e delle parrocchie, degli abitanti dei paesi che offrivano le stalle o le baracche nei pascoli, i sotterranei e le cantine dei masi. Angela “la maestra delle catacombe”, come tanti altri insieme a lei, fu arrestata e condannata al carcere, alla sorveglianza speciale della polizia per 5 anni e all’allontanamento dalla sua terra.

Quanta importanza hanno le radici per chi, come mio padre, come questi maestri e tutti gli abitanti di questa zona di confine, è nato e cresciuto in una regione che gli eventi storici hanno nel tempo trasformato
a loro piacimento. Un territorio in cui la guerra e la politica, in un passato nemmeno troppo lontano, hanno deciso in quale lingua si dovesse parlare, studiare, redigere i documenti, nominare le strade, persino italianizzare i nomi dei morti sulle lapidi dei cimiteri. Un’area i cui confini erano oggetto di scambio, in cui non era chiaro a quale nazione europea si dovesse appartenere, in cui le famiglie sono state messe di fronte alla scelta di restare e diventare veri italiani o partire e diventare veri tedeschi, dividendo le famiglie. Ecco ora potrete capire come, pur essendo nata e cresciuta lontana dall’Alto Adige, nelle mie vene scorra un orgoglioso sangue sudtirolese e come sia stato impossibile non leggere uno dei pochi romanzi ambientati nella terra di origine di mio padre, che narra proprio le vicende di una delle eroine delle favole della mia infanzia, una coraggiosa “maestra delle catacombe”.

Nell’Alto Adige degli anni ’20, Trina, una giovane maestra neo diplomata, sogna di diventare insegnante insieme alle amiche di infanzia Maja e Barbara, di crescere nel suo paese natale, Curon, di vivere la vita nella libertà delle corse nei prati e nei pascoli, spiando da dietro la finestra il passaggio dei ragazzi in strada, specialmente Erich, domandandosi cosa le riserverà il futuro. Ma l’Alto Adige è da pochi anni passato politicamente da territorio della Contea del Tirolo, regione dell’Impero Austro-Ungarico, a territorio italiano, come sancito dai trattati di pace della Prima Guerra Mondiale, e con la salita al potere del fascismo il Duce ordina l’immediata italianizzazione della regione escludendo tutti gli altoatesini di tradizione e cultura tedesca dagli uffici pubblici. Trina inizia a insegnare in una scuola clandestina non autorizzata dal governo e nel frattempo si sposa con Erich e diventa madre di Michael e dell'adorata Marica.

Il romanzo, scritto in forma di diario epistolare, è indirizzato proprio alla figlioletta Marica, che nel 1939, a pochi giorni dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, viene rapita dagli zii paterni che, senza figli, scelgono di aderire alla proposta di Hitler rivolta agli altoatesini di unirsi ai popoli europei di lingua tedesca sotto il governo tedesco, con la promessa, mai mantenuta, di un futuro migliore. Per Trina e il marito è l’inizio della fine di una serenità familiare che la povertà, il duro lavoro, il gelido inverno delle montagne che entra nei corpi a ghiacciare anche i cuori, la coercizione culturale e la guerra non hanno mai regalato. Mai si riprenderanno da quell’allontanamento straziante, dal silenzio della bambina di cui non avranno più notizie e dalle tragedie familiari e storiche che investiranno la loro famiglia: il coinvolgimento forzato di Erich in guerra a combattere in Grecia, il suo ritorno in paese ferito, il tradimento ideologico del figlio Michael fervente sostenitore del governo nazista, la fuga sulla montagne verso la Svizzera come disertori, la fame, la paura, l’odio, la pistola in mano e il sangue dei tedeschi uccisi per difendersi, la morte degli amici, la perdita della speranza.

E quando gli americani liberano l’Italia e si può rientrare a Curon... la scoperta che, nel disinteresse generale di qualsivoglia governo, tedesco o italiano, nazista o fascista, nel disinteresse persino di Dio e degli stessi abitanti, stanchi di combattere per battaglie già perse, il vecchio progetto della diga più grande d’Europa e del lago artificiale destinato alla produzione di energia elettrica è stato approvato definitivamente. A nulla servirà la caparbietà di Erich e il sostegno intellettuale di Trina nel difendere il proprio territorio, le proprie radici. Curon verrà fatto esplodere e sommerso, addio ai prati in cui i bambini correvano a giocare, ai pascoli in cui si accompagnavano le pecore e le vacche, addio alle botteghe, alla chiesa, alle case e ai masi costruiti con la fatica del duro lavoro nei campi e nelle stalle. Eppure Trina ed Erich nemmeno davanti alla minaccia delle ruspe e degli escavatori, del tritolo pronto a fare saltare in aria le case, nemmeno davanti all’apertura delle paratie della diga, smetteranno di esclamare, forti e fieri: RESTO QUI.

Un bellissimo e toccante romanzo che narra vicende di vita vissuta, i drammi di una regione in balia degli eventi storici, la caparbietà e insieme la sensibilità di una donna che nella sofferenza trova la sua forza, gli avvenimenti di un paese diventato famoso in tutto il mondo grazie alla fierezza del suo campanile che ancora svetta determinato e orgoglioso dalle acque del lago che ha inondato la valle.

“Nel giro di pochi anni il campanile che svetta sull’acqua morta è diventato un’attrazione turistica. I villeggianti ci passano all’inizio stupiti e dopo poco distratti. Si scattano le foto con il campanile della chiesa alle spalle e fanno tutti lo stesso sorriso deficiente. Come se sotto l’acqua non ci fossero le radici dei vecchi larici, le fondamenta delle nostre case, la piazza dove ci radunavamo. Come se la storia non fosse mai esistita”.

Una storia di vera resilienza e coraggio.

“Anche le ferite che non guariscono prima o poi smettono di sanguinare. La rabbia, persino quella della violenza inflitta, è destinata come tutto a slentarsi, ad arrendersi a qualcosa di più grande di cui non conosco il nome. Bisognerebbe saper interrogare le montagne per sapere quello che è stato.”


Anna


Photo credit: @anna_bookfantasy
Foto in bianco e nero: touringclub.it
Foto con libro e campanile: pixaby

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