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venerdì 22 luglio 2022

Recensione: "Himawari House. Il mio anno giapponese" di Harmony Becker (a cura di Elena)

 
Buongiorno, lettor*!
Oggi la nostra Elena ci parla di Himawari House. Il mio anno giapponese, graphic novel uscita per De Agostini. Tre vite che si intrecciano, un viaggio non solo fisico ma anche interiore in questa storia speciale ed emozionante. Scopritela nella recensione e fateci sapere la vostra opinione. A presto!

Himawari House. Il mio anno giapponese
di Harmony Becker

Prezzo: 16,90 € (cop. flessibile)
Pagine: 374
Genere: graphic-novel
Editore: De Agostini
Data di pubblicazione: 24 maggio 2022

Nao torna in Giappone per un anno sabbatico prima del college, decisa a riscoprire le radici che ha dovuto dolorosamente abbandonare da bambina, dopo il trasferimento negli Stati Uniti. Ad accoglierla c’è Himawari House, un’abitazione tradizionale nel cuore di Tokyo, dove incontrerà Hyejung, coreana, e Tina, di Singapore, arrivate sino a lì per conquistare la libertà e trovare la propria strada. Mescolando inglese, giapponese, coreano e singlish, Nao si legherà sempre di più al piccolo gruppo, pronto alle sfide della nuova vita. A condividere le loro avventure quotidiane anche due fratelli giapponesi dai caratteri contrastanti – l’amichevole Shinichi e il taciturno e affascinante Masaki, che dopo un primo brusco incontro sembra fare di tutto per evitarla… Con lui, a sorpresa, Nao si troverà ad affrontare lo stesso spaesamento di quando ci si sente come pesci fuor d’acqua e scoprirà cosa significa tradurre da una lingua all’altra le parole ma anche i sentimenti. Tra cibi sconosciuti, serate al karaoke, giochi nella neve e lunghe confessioni sull’amore e la famiglia, ognuno di loro troverà in quel Paese straniero le motivazioni e il coraggio per vivere davvero la propria storia.

Ormai siamo in piena estate e in quel periodo dell’anno in cui volenti o nolenti dobbiamo affrontare delle scelte, che siano semplici come cercare una meta per un meritato riposo, o scelte più complesse di vita, lavorative e scolastiche. Ci ritroviamo così in una sorta di “limbo”, tra la stasi e il dinamismo, il desiderio di quiete e di avventura. E proprio in questo clima sospeso arriva a tenerci compagnia il nuovo graphic novel Himawari House. Il mio anno giapponese dell’artista completa Harmony Becker, disegnatrice e scrittrice di questo suo fumetto d’esordio, pubblicato e tradotto in italiano da DeAgostini.

“Questi sono i miei ricordi del Giappone.”

Himawari House. Il mio anno giapponese non è semplicemente la storia di un viaggio fisico verso il Giappone, ma un diario, il racconto di vite che si intrecciano e insieme percorrono la strada della scoperta e riscoperta di sé, del potenziale assopito, in attesa di essere portato alla luce. La storia inizia con una scelta: la decisione della protagonista di prendersi una pausa, preparare le valigie e ritornare nella terra natia. Una scelta dettata e composta da ricordi: piccoli oggetti, profumi e colori. Ricordi sfumati ma pieni di emozioni vivide. Ricordi che sono come ritagli di carta fragili e in procinto di rompersi, sparsi alla rinfusa di anni e momenti passati, che insieme illuminano e formano la memoria di un periodo lontano, ma che ancora rivestono le pareti dei sogni futuri.

“È vero sono diversa. Questa non è casa mia. Casa mia è lontana. E allora, anch’io mi sono divisa.”

È così che tre anime smarrite si incontrano, si scontrano e si ritrovano a vivere insieme: Hyejung, una ragazza coreana, e Tina, una ragazza di Singapore, socchiudono per poi spalancare la porta a Nao, una ragazza nata in Giappone ma cresciuta negli Stati Uniti. E qui, queste tre protagoniste tanto diverse, approdate nel Paese del Sol Levante, si ritrovano a provare a vivere in un’altra città, per rivivere i ricordi, per costruire una nuova via e ritrovare la strada di casa.

“Così ho fatto due cose. Mi sono adattata, smettendo di parlare giapponese a casa e di portare il bento a scuola. [...] Dentro di me, invece, volavo via. Nel posto dove non c’era niente da spiegare...”

Himawari House è costellata di personaggi con bagagli e storie simili ma contemporaneamente diverse e così, con la naturalezza che caratterizza il genere umano, la storia riesce ad affrontare e portare con sé tante tematiche. Tra le predominanti, che fa da filo rosso, c’è il vivere “in between”, la capacità di vivere in mezzo a due culture, vivere emozioni contrastanti di rabbia, nostalgia, rammarico, che lacerano e squarciano la quotidianità: il vivere le proprie radici come un peso da dimenticare, da affrontare ogni giorno per adattarsi. L’arte di abbandonarsi, tra frustrazioni e sogni, senza dimenticare, ma creando qualcosa di nuovo e inclusivo, non senza sacrifici e paure. Nao vuole ritrovare le proprie radici, Hyejung sradica le proprie radici, mentre Tina è alla ricerca delle proprie radici. L’aspetto interessante è come le tre protagoniste, ed anche altri personaggi, affrontino la tematica del vivere “tra”, creando un’amicizia che all’inizio traballa ma che, come un’altalena che trova il suo ritmo, vola tra alti e bassi, tra passioni condivise, una cultura comune ma formata da tanti pezzettini di culture diverse, quotidianità, studi ma soprattutto di momenti di sconforto e sostegno, piccoli gesti e amore.

“Mi chiedo quanto sarei stata diversa, se fossi rimasta qui. Essere parte del tutto... e non solo una spettatrice. È come se piangessi una gemella persa da piccola. Una gemella mai cresciuta... ma che ha sempre... sempre... aspettato il mio ritorno.”

La sensazione del “in between” è amplificata dalla scelta della scrittrice di inserire i caratteri, le parole e le frasi a volte tradotte, altre volutamente lasciate in lingua e altre ancora incluse in spazi bianchi e sfumati o con scarabocchi, per sottolineare proprio lo spaesamento, la lontananza. Non è importante la singola parola che si pronuncia, ma la sensazione di non comprendere, non capire, la sensazione di poter annegare nel presente a causa di una lingua nemica, quando nei ricordi dell’infanzia la lingua era fluida, madre e protettrice. Così anche le lettrici e i lettori si ritrovano a vivere il senso di inadeguatezza delle e dei protagonisti, ma insieme ci si sforza di comprendere dal contesto, più che dalla lingua straniera. In questo modo le lingue parlate non sono più straniere e trovano uno spazio proprio, dove le e i personaggi, senza timori, possono parlare con i propri accenti, possono sperimentare e provare, inciampando sulla grammatica e coniando un linguaggio nuovo. Così, nonostante la brevità con cui restiamo in compagnia delle e dei personaggi, la scrittrice ha creato ragazze e ragazzi tridimensionali, profondi e con caratteri differenti con una lingua e una cultura d’appartenenza di cui andare orgogliosi.
Queste storie narrate con poeticità e questa esperienza linguistica immersiva sono inoltre amplificate e accompagnate dai disegni in bianco e nero, con sfumature grigie, dai tratti tondeggianti, che abbracciano con i loro chiari e scuri.

“Vetrine e insegne, che prima erano anonimi stranieri... adesso mi accolgono come nuovi amici. Ogni nuova parola che imparo dirada un po' di nebbia intorno... ridando colori e forme del mondo che mi circonda.”

Il viaggio fisico e la scelta del Giappone, meta che si può identificare con qualunque paese che si ama o che si è lasciato, si trasforma in un viaggio interiore, alla ricerca dei ricordi e di una passione non dettata dalle logiche e pressioni sociali. Scoprire chi si è, al di là della nazionalità, della lingua e delle costruzioni sociali, al di là del senso di colpa verso il successo mancato e le aspettative sociali e familiari. Un viaggio fuga che diventa casa, vite che si intrecciano senza preconcetti né giudizi. E proprio contro questi, tra i dialoghi la scrittrice denuncia e deride le rappresentazioni, spesso offensive e unidimensionali, comiche ed esotiche, che i media occidentali a lungo hanno perpetuato delle popolazioni asiatiche. E inoltre sottolinea le gabbie sociali e la mentalità che ancora oggi spesso limitano le scelte di vita. Nonostante viviamo i personaggi per uno spaccato di tempo limitato, impariamo a conoscere protagoniste e protagonisti umani e in cui ci si immedesima facilmente. Proprio come himawari, i girasoli, il nome della casa comune, le e i protagonisti risplendono e scovano i punti deboli per trovare la luce che è sempre stata dentro di loro, il coraggio, la forza e l’amore di affrontarli insieme.

“Cosa rende reali le cose? [...] È reale solo... se dura per sempre? Forse non importa.”

Le pagine e il tempo scorrono, tra momenti di quotidianità e scorci di vita universitaria, lavorativa, momenti intimi e personali di fiducia e sconforto. Vite piene e occupate, vissute giorno dopo giorno, e nei momenti bui ecco l’amore e l’amicizia che pian piano si radica nei cuori, che sono meteore con tempo limitato, con una scadenza che fa paura ma che ha insegnato molto. Il cerchio si chiude: i ricordi che alimentano ed accolgono nuovi ricordi.

Non posso che consigliare questo romanzo grafico per le molte emozioni suscitate e consiglio la lettura a tutti e a tutte coloro che amano le storie di viaggio fisico e interiore, sia romanzi, come Mangia prega ama di Elizabeth Gilbert, sia fumetti, come la duologia F***ing sakura di Giulio Macaione, o che amano le storie che raccontano degli shock culturali e linguistici, come Autostop con Buddha. Viaggio attraverso il Giappone di Will Fergunson.

Ringrazio la casa editrice DeAgostini per la copia e per la lettura di Himawari House in cambio di un’onesta opinione.

Non mi resta che augurarvi buoni viaggi

Elena


Photo credit: @tsundoku_bookstyle

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