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sabato 5 novembre 2022

Recensione: "L'arte Queer del Fallimento" di Jack Halberstam (a cura di Ms Rosewater)

 
Buongiorno, lettor*, e buon sabato! ^^
Oggi una recensione un po' diversa dal solito, quella di L'arte queer del fallimento, un saggio molto interessante e divertente che ha letto la nostra Ms Rosewater. Scoprite la sua opinione di seguito e fateci sapere che ne pensate voi del fallimento. A presto! ^^

L'arte Queer del Fallimento
di Jack Halberstam 

Prezzo: 11,99 € (eBook) 19,00 € (cop. flessibile)
Pagine: 336
Genere: saggistica
Editore: Minimum Fax
Data di pubblicazione: 2 marzo 2022

Ci avevano promesso che saremmo stati dei vincenti. Ci avevano indicato gli obiettivi - i soldi, la famiglia, il potere, l'eccellenza - e la strada, fatta di determinazione, sudore della fronte e pensiero positivo: se cadi rialzati, prova ancora e ancora; ci siamo rialzati e abbiamo visto che a cadere era il mondo intorno a noi. Mai come in questi anni è diventato chiaro che l'idea di successo che avevamo in mente è una condanna e che tra volere e potere c'è di mezzo il capitalismo, con tutte le disuguaglianze (e le catastrofi) che si porta dietro. Dobbiamo dunque ridisegnare quell'idea? Dare al termine successo significati nuovi? Jack Halberstam, tra i più noti e originali teorici queer in circolazione, propone una via più radicale e ci guida nell'affollato mondo dei perdenti: lì dove smarrire la strada, non sapere, dimenticare ed essere dimenticati, essere sconvenienti e indecorosi, indisciplinati e improduttivi (tutte cose che le persone queer hanno sempre fatto particolarmente bene) si rivelano strategie possibili per stare al mondo. Correndo il rischio - anzi inseguendolo - di non essere preso sul serio, Halberstam si muove tra teoria alta e bassa, si concede virate controintuitive e disgressioni, si addentra negli «archivi di cose stupide» ricercando forme di conoscenza lontane dal rigore delle discipline. Accade così che in queste pagine vivano insieme Gramsci e SpongeBob, Jamaica Kincaid e il pesciolino Nemo, Saidiya Hartman, Tom of Finland, Valerie Solanas e un'armata di galline in fuga dal pollaio: con loro, Halberstam ci invita a pensare altrimenti, a sperimentare nuove alleanze, a preferire l'ombra alla luce piena, l'illeggibilità al riconoscimento. A desiderare un mondo in cui nessuno ce la fa da solo e nessuno viene lasciato indietro. Postfazione di Craaazi.

Ho comprato questo libro per due motivi: la strepitosa copertina con Spongebob e il termine fallimento, uno spauracchio, un tabù, una parola quasi innominabile che terrorizza ognuno di noi. Il capitalismo, creatura dell'etica protestante, prende da essa il concetto di successo come un premio, un allineamento al volere di Dio, e il fallimento come una punizione; da qui la spasmodica e isterica cultura occidentale del successo, che tende all'omologazione dei vincenti e all'emarginazione dei falliti.

Ebbene, è venuto il momento di fare i conti con il fallimento e scoprirne i lati (estremamente) positivi. Che non significa trovare una vittoria nel fallimento o vedere il bicchiere mezzo pieno. Un fallimento è un fallimento, ma non fallire, non perdere, è in realtà qualcosa di culturalmente e creativamente sterile che non porta reale innovazione e non apre nuove strade, mentre chi non ce la fa, chi arriva secondo, terzo, quarto, chi perde contro il sistema esprime - proprio in quanto non riesce a rientrare in uno schema - nuovi modelli, esplora possibilità mai prese in considerazione, si avventura in territori sconosciuti ai più.
Per provare la sua tesi Halberstam ricorre in primis all'analisi di un linguaggio che la cultura mainstream tende a ritenere poco serio, cioè l'animazione: a partire dall'irresistibile scemenza di Spongebob, passando per la metafora marxista di “Galline in fuga”, fino all'evanescenza del pesciolino Dori di “Alla ricerca di Nemo”, analizza il potenziale sovversivo della stupidità, della perdita (anche di memoria, e quindi di passato) e della mancanza di successo. I vincitori sono prevedibili e allineati, i perdenti, i deboli e gli stupidi costituiscono una vera e propria alternativa, politica e sociale.
Si concentra soprattutto sui Pixarvolt, i film in animazione digitale, che rappresentano una rivoluzione non solo sotto il punto di vista artistico ma anche strutturale in grado di spostare gli equilibri della narrazione dal singolare al plurale, dall'eroe solitario ed etero normato che agisce autonomamente a un gruppo che trae forza dal proprio essere diverso, fatto di tante unicità.

Il fallimento è anche oblìo e rifiuto del futuro, scelta autodistruttiva in funzione antisistema e di ribellione che investe ambiti classicamente perdenti e queer: le persone di colore, le donne, i disabili; e poi alcuni modelli femministi inediti non legati a una lotta attiva bensì passiva e masochista, a partire dall'arte performativa di Yoko Ono, la rappresentazione del mondo lesbico e queer di Brassai e Diane Arbus e opere fotografiche di autori che in un modo o nell'altro si concentrano sul vuoto e sulla perdita, per arrivare a scandagliare un feticcio (e un tabù) della cultura gay, l'attrazione solo apparentemente incomprensibile tra omosessualità e nazismo e, più di recente, il populismo.

Tutti questi argomenti che in queste pagine vengono affrontati con profondità e sagacia, forse non sempre in modo immediato (per stessa ammissione di Halberstam), ma sicuramente appassionante e divertenteNonostante l'autore si occupi di studi di genere e il libro sia chiaramente improntato alla cultura queer e queste pagine siano state scritte ormai 11 anni fa, dicono molto del mondo di questi ultimi anni, per non dire mesi: impossibile non pensare alle studentesse iraniane che si tagliano i capelli mentre si legge della performance Cut di Yoko Ono o connettere il monologo di Renton di “Trainspotting” al fenomeno delle dimissioni di massa conseguente alla pandemia di Covid 19 o ancora, intuire nei recenti modelli di pubblicità l'operazione di normalizzazione dell'immagine lesbica attraverso la cancellazione dell'estetica troppo maschile della butch e la conservazione della femme, più accettabile dalla società eteronormata in quanto potenzialmente desiderabile dall'uomo etero. E come non ricondurre le recenti scelte grammaticali di personaggi politici alla volontà di non essere identificati con un gruppo storicamente perdente?

“L'arte queer del fallimento” dà un senso al disagio che proviamo di fronte a certe notizie, agli slanci ideologici di massa, a tutte quelle narrazioni di successo dovuto esclusivamente al duro lavoro che ci fanno storcere il naso, che ci suonano male, ci suonano false. Un libro che diventa quasi necessario in questo momento storico in cui il successo diventa merito e gli esclusi e le occasioni per perdere si moltiplicheranno.


Mrs Rosewater

Photo credit: @lisapavesi

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