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venerdì 16 maggio 2025

Recensione: "One dark window" di Rachel Gillig (a cura di Marika)

Ben ritrovati su questi schermi, Coffeeaholics del cuore!
Come state? Qui abbiamo l'impressione che questa primavera oltre a portarci tanta stanchezza, stia correndo velocemente verso l'estate e il caldo che drena le energie. Così tra un gelato e l'altro, l'unica gioia sono le letture che ci accompagnano quotidianamente con i loro mondi e le loro storie mozzafiato: e una tra queste è proprio One Dark Window di Rachel Gillig, un romanzo dalle sfumature gotiche e medievalistiche che presenta al lettore un mondo rimasto finora sconosciuto nel panorama fantastico internazionale. 

One Dark Window
di Rachel Gillig


Prezzo: 14,99 € (eBook) 22,00 € (cop. rigida)
Pagine: 464
Genere: fantasy
Editore: Giunti
Data di pubblicazione: 23 ottobre 2024

La città di Blunder è circondata da una nebbia che rende folle e infetto chiunque vi entri in contatto. Elspeth conosce bene quella magia, perché scorre nelle sue vene in quanto infetta. Ma la deve tenere nascosta, perché la magia è bandita, pena la morte. Nessuno deve sapere che è costretta a convivere con l'Incubo, un mostro, uno spirito antico intrappolato nella sua mente, che le parla e la protegge. Tutto cambia quando incontra un bandito nella foresta, un uomo affascinante e misterioso, ma che è anche a capo degli uomini più pericolosi della città. Elspeth viene così trascinata in un mondo di ombre e inganni, in cui il confine tra la ragazza e il mostro diventa sempre più labile...

Tutto ha inizio a Blunder, una città che non perdona, immersa in una fitta nebbia, pregna di sale e magia oscura che rende folle chiunque. Questa foschia nasconde un'altra grande paura: la febbre da infezione e la magia degenerativa che può comportare una serie di "stranezze". Tanti abitanti l'hanno contratta, soprattutto i bambini che re Rowan non ha esitato a rinchiudere nelle segrete del suo castello per arginare un potere selvaggio e sconosciuto e per avere il tempo necessario di ricomporre il mazzo del Re Pastore, una secolare figura che aveva creato le carte della Provvidenza per contrastare lo Spirito della Foresta, fautore della magia malata. E qui, in questo luogo sperduto, è nata e vissuta Elspeth Spindle, una giovine che da piccola contraendo l'infezione, aveva ottenuto dei poteri grazie all'Incubo nella sua testa, un mostro di una delle carte che aveva scelto proprio lei come cavia. Per anni la protagonista vive con la paura di essere scoperta e trascinata via dai medici del re che la userebbero per gli esperimenti. Paura che la spinge a vivere con sua zia, lontana dal padre, uomo fidato della corona. Tutto sembra andare per il meglio fino a quando proprio una festa a corte la porta faccia a faccia con Ravyn Yew, nipote del re e Capitano dei Paladini, corpo specializzato nella caccia agli infetti. Il ragazzo è una figura apparentemente integerrima e austera, che sorprenderà Elspeth aiutandola in diverse occasioni, grazie ad un animo raro e segreti che custodisce gelosamente alle spalle dello stesso zio, un re spietato. I due protagonisti si troveranno coinvolti in un piano perfettamente congegnato per salvare il regno, loro stessi e le persone che amano, ma scopriranno troppo tardi di dover pagare un prezzo davvero caro e amaro. 

Questo romanzo è fuori da ogni schema del fantasy conosciuto: mescola perfettamente un worldbuilding misterioso, vivo, crudele e arcano, con personaggi di cui dubiterete persino delle loro intenzioni, e delle loro scelte. Da un lato troviamo Blunder, un regno occulto e governato dallo Spirito della Foresta, selvaggio e indomito, trattenuto nella sua natura soltanto dalle dodici carte della Provvidenza, di cui di alcune ne esistono diverse copie, mentre di altre, solo esemplari unici. E dall'altro, una storia lunga secoli che vede l'intreccio di due casate reali, vittime e usurpatori del potere che a causa della bramosia creeranno una scia di sangue e di catastrofi. Per quanto riguarda i protagonisti, non potrete fare a meno di amare Elspeth, una giovane coraggiosa, accorta e buona, che nel suo destino infimo, si ritroverà a combattere contro un regno e un potere inimmaginabile; Rawyn, l'oscuro Paladino dal cuore d'oro che utilizzerà ogni mezzo possibile per liberare le persone che ama e per cui il suo cuore di onice batte; e ancora il principe dimenticato Renelm, con il suo fascino e la sua diffidenza; e infine Ione, una figura tanto controversa e misteriosa, quanto essenziale e potente. Personalmente ho apprezzato ogni sfumatura di questo romanzo scritto egregiamente con uno stile fluido e un linguaggio comprensibile, ma non semplice: dalle scenografie oscure, antiche e ribelli, alla trama principale in cui le carte, pregne di potere e di doni oltre ogni immaginazione, hanno un prezzo carissimo da pagare per chi le usa. Per non parlare del fatto che i protagonisti principali giocano sia il ruolo di eroi che di villain, risvegliando nel lettore empatia e diffidenza allo stesso tempo

E proprio a tal proposito la cosa che mi ha piacevolmente sorpresa è la volontà dell'autrice di scardinare le inaspettate "non regole scritte" del fantasy, proponendoci personaggi umani che non si presenteranno come classici eroi puri, pronti a salvare il mondo grazie all'aiuto di "super-uomini" dalla forza bruta e dall'animo tormentato. Al contrario, avremo figure femminili con un carattere duro e introverso, e controparti maschili di grande sensibilità e complicità. 

In conclusione è un romanzo meraviglioso che merita di essere letto per la sua originalità e per dei protagonisti per cui vi ritroverete a tifare.
Voto: 5 tazzine di caffè nero con un retrogusto aspro e amaro.

Fonte immagini: Pinterest

giovedì 15 maggio 2025

Recensione: Il Golem di Brooklyn, di Adam Mansbach (a cura di Ms Rosewater)

Buon pomeriggio, lettor*! ^^
Oggi arriva una nuova recensione dalla nostra Ms Rosewater, la quale ha letto e apprezzato Il Golem di Brooklyn di Adam Mansbach, un libro uscito non molto tempo fa, che con umorismo tratta temi parecchio attuali. Scoprite tutto qui sotto e lasciateci un commentino per farci sapere cosa ne pensate ;)

Il Golem di Brooklyn
di Adam Mansbach

Prezzo: 9,99 € (eBook) 18,00 € (cop. flessibile)
Pagine: 250
Genere: narrativa contemporanea
Editore: Sur Edizioni
Data di pubblicazione: 25 settembre 2024

Complice una dose eccessiva di cannabis e qualche chilo di creta rubata nel laboratorio di educazione artistica, Len Bronstein, un giovane insegnante ebreo di Brooklyn, ridà inavvertitamente vita al Golem, il leggendario gigante della tradizione ebraica che i rabbini possono evocare, nei momenti di peggiore pericolo, a difesa del Popolo Eletto. Nel giro di poche ore il Golem assume per la prima volta l’lsd, impara l’inglese da una sit-com e scopre l’esistenza del neonazismo; starà a Len e alla sua nuova amica Miri, lesbica ripudiata da una famiglia di ebrei ultraortodossi, capire come (e se) impedire che il Golem piombi nel bel mezzo di una manifestazione di estremisti di destra nel Kentucky e faccia vendetta. Il folklore ebraico, la comicità fulminea da sit-com, la commedia on the road e la satira sociale (ma anche la storia americana e la poesia di Iosif Brodskij) sono gli ingredienti di un romanzo esuberante che affronta con l’umorismo i temi attualissimi della violenza politica, dell’intolleranza, del tribalismo identitario, e delle armi con cui combatterli.

Calare i miti nel presente è uno degli sport letterari più divertenti e appaganti, per chi scrive e per chi legge. I miti sono un terreno comune a tutti (anche quelli che non lo sanno) ed elementi di raccordo col passato, archetipi attraverso i quali interpretare la società contemporanea. Nella letteratura per i giovani un esempio è Percy Jackson e gli dèi dell'Olimpo, mentre qualche anno fa uscì Il Minotauro esce a fumarsi una sigaretta di Steven Sherrill, nel quale erano raccontate le avventure dell'uomo-toro cretese che conduceva una vita comune negli Stati Uniti dei primi anni duemila.

Anche la cultura Yiddish trabocca di personaggi mitologici tanto mistici quanto magici, e Adam Mansbach ha deciso di risvegliare (letteralmente) forse il più noto di tutti, il Golem, già raccontato in letteratura da Gustav Meyrink e Isaac Bashievich Singer e al cinema da Carl Boese e Paul Wegener.
Leo Bronstein, insegnante di arte, si trova con un bel po' di argilla sottratta alla scuola privata in cui lavora: animato dalla noia e da certi biscotti cucinati dall'amico Waleed, modella un Golem alto più di due metri e gli dà vita. Incapace però di gestire l'omone di creta, il secolarizzato Leo esce di casa e chiede aiuto a Miri, una giovane reietta della comunità Hassidica gestita dalla famiglia Sassov che sta ancora imparando a vivere fuori dal quartiere in cui è cresciuta, ma che sa tutto quello che c'è da sapere sull'uomo d'argilla e - soprattutto - su come comunicare con lui, in Yiddish. Da qui si srotola una sequela di avventure paradossali ed esilaranti che coinvolge i tre protagonisti e mette il dito nella piaga di diverse questioni scottanti dentro e fuori la comunità ebraica.
Secondo la leggenda il Golem compare nei momenti di crisi per proteggere il popolo ebraico, ma quale può essere il suo lavoro nell'America contemporanea? C'è ancora bisogno di una creatura del genere, di magia e violenza per difendere il Popolo del Libro? La violenza va combattuta con la violenza?
I personaggi di Mansbach interpretano diverse anime ebraiche, ognuna con le sue risposte: Leo è contemporaneo, disincantato ma non rassegnato a dover usare la forza per difendersi; il Golem viene da un passato lontano e porta in sé, per il solo fatto di esistere, la rabbia e l'esasperazione per secoli di persecuzioni; è pura forza, un'arma invincibile e implacabile. Miri rappresenta il collegamento tra questi due estremi, ciò che li unisce, vivendo contemporaneamente nei due mondi e non potendo non tenere conto di entrambi. Secondo i testi sacri compito degli ebrei è riparare il mondo, ma la questione è quale sia il modo giusto, col dialogo o con la forza. E se la comunità dei riparatori è essa stessa bisognosa di riparazione, la faccenda si complica.

In appena 250 pagine sono concentrate una quantità di eventi e di considerazioni che non si crederebbe possibile: neonazisti del Kentucky, truffe ai turisti che visitano Brooklyn, la storia del Golem nelle sue molteplici apparizioni fino al massacro di Babi Jaar, la ribellione alle regole della tradizione Hassidica. Lo stile è brillante e velocissimo, con grande abilità Mansbach riesce a esprimersi su temi contemporanei difficilissimi senza praticamente nominarli evitando possibili censure da qualsiasi parte, rispondendo contemporaneamente alle domande sopra con un fulmineo, significativo finale.
Con questa scrittura, questa comicità così vicina all'umorismo Yiddish ma decisamente contemporanea nei tempi e nell'apparente leggerezza, non sarei sorpresa se Il Golem di Brooklyn diventasse una commedia di successo, sul genere di Little Miss Sunshine o del più demenziale Zohan, chissà se succederà.
L'unico difetto di questo romanzo, se vogliamo trovarne uno, è la copertina piuttosto banale dell'edizione italiana, che non faceva certo sperare in una storia tanto pirotecnica. Ma voi, non fatevi scoraggiare da così poco.
Ms Rosewater


Photo credit: @lisapavesi

martedì 13 maggio 2025

Guida al Trattamento dei Vampiri per Casalinghe, di Grady Hendrix

Buongiorno, lettor*!
Approfittando di un piccolo momento di pausa dagli impegni quotidiani, sono riuscita finalmente a scrivere la recensione di un libro che mi è piaciuto molto, terminato, ahimè, diversi mesi fa. Si sono messi in mezzo parecchi imprevisti, ma volevo assolutamente parlarvene e quindi eccomi qua con la mia opinione su The Southern Book Club’s Guide To Slaying Vampires, ovvero Guida al Trattamento dei Vampiri per Casalinghe. Il titolo assai curioso e qualche recensione entusiastica letta in giro, mi hanno spinta ad acquistare questo volume e, giuro, mai avrei pensato mi avrebbe intrigata tanto. Ho finito poi con l’ascoltarlo in audiolibro, perché è davvero fatto bene e non riuscivo a staccarmene. Ve lo consiglio assolutamente!

Guida al Trattamento dei Vampiri per Casalinghe
di Grady Hendrix

Prezzo: 7,99 € (eBook) 14,00 € (cop. flessibile)
Pagine: 464
Genere: horror
Editore: Mondadori
Data di pubblicazione: 19 marzo 2024

Difficile la vita di Patricia Campbell: divisa tra un marito troppo impegnato col lavoro, i figli e l'anziana suocera, la sua unica oasi felice è un gruppo di lettura di libri true crime. Un giorno al gruppo si unisce James Harris, bello, misterioso e sensibile, che fa sentire alla donna cose ormai non provate da anni. Eppure c'è qualcosa di strano in lui: non ha un conto in banca, non esce durante il giorno e la suocera di Patricia sostiene di averlo conosciuto da ragazza. Quando alcuni bambini scompaiono senza che la polizia faccia nulla, Patricia e le amiche sospettano che James sia un serial killer. Sono loro ad aver letto troppi libri true crime o quello che si aggira nelle loro case è un mostro vero?

Immagina di trasferirti in un piccolo villaggio nel sud della Carolina, un luogo tranquillo, sereno, in cui gli abitanti possono evitare di chiudere la porta a chiave di notte, protetto dal caos del mondo esterno... E poi ritrovarti in un incubo...

L’Old Village è “uno stile di vita”, una comunità che rispecchia determinati valori, il posto ideale in cui crescere dei figli e staccare dalla frenesia della città. È proprio qui che Patricia ha scelto di vivere. Ma per quanto ami quel luogo, allo stesso tempo si sente leggermente fuori posto, perché in fondo in fondo la sua anima anela a un po’ di azione, di turbolenza. Di avventura. Ma il massimo dell’avventura nell’Old Village è partecipare a un gruppo di lettura, tutto al femminile, in cui si leggono thriller e gialli, senza disdegnare storie true crime, il vero guilty pleasure di ogni componente del bookclub. Inaspettatamente, Patricia si ritrova a stringere amicizia con delle donne molto diverse da lei, ma quella passione che le accomuna sembra tenerle incollate nel tempo, qualsiasi cosa accada. La storia si svolge, infatti, lungo un arco temporale ampio. L’autore non tralascia dettagli infinitesimali che ci accompagnano pagina dopo pagina fino alla fine, eppure riesce a essere sempre accattivante e a non annoiare mai. Seguiamo le vicende di Patricia e della sua famiglia, una famiglia apparentemente unita che però rivela più problemi del previsto, ma anche le vite delle sue amiche non sono rose e fiori. Ognuna di loro nasconde segreti dietro una facciata di perbenismo e posizioni sociali ragguardevoli. Ma presto tutte dovranno fare i conti con le loro ipocrisie e superare scetticismo e perplessità per il bene comune. 

A rendere tutto più interessante sarà sicuramente l’arrivo di James Harris, un uomo affascinante e misterioso che si introduce gradualmente nelle loro vite. Patricia è la prima a farne la conoscenza e da subito resta ammaliata dal suo charme e dalla sua avvenenza, dai suoi modi di fare eleganti e dalla sua aura di mistero. Piano piano anche gli altri lo conosceranno e in maniera inaspettata James Harris si ritroverà a essere parte integrante del gruppo di famiglie, addirittura membro del club di lettura di Patricia. La donna inizierà a provare, dopo un po’, una certa inquietudine ad averlo sempre intorno, una figura onnipresente nella sua vita e in quella dei figli, e provando a indagare su di lui si renderà conto di non sapere chi sia realmente. Quest’uomo è comparso dal nulla, ha conquistato tutti e si è insediato nelle loro vite in maniera permanente. Ma Patricia, nonostante in molti le dicano che le sue sono solo paranoie, decide di non mollare e di continuare a indagare. Sarà così che scoprirà che James Harris non è chi dice di essere, ma nasconde un segreto inimmaginabile, qualcosa a cui nemmeno tutti i libri letti l’hanno preparata. E una volta scoperto il segreto non le resterà che cacciarlo via non solo dalla sua vita ma da quella di tutto il villaggio. Ma come fare a sconfiggere qualcuno come lui?

Grady Hendrix ci introduce in una storia ricca di elementi reali e familiari - regalandoci un'atmosfera leggera e cupa allo stesso tempo, un'ambientazione nostalgica anni '90 - che si mescola con altri totalmente surreali. Riesce, nonostante tutto, a essere sempre credibile, anche quando viene fuori l’elemento fantastico e iniziamo a porci più domande del previsto. Quest'ultimo non ha una connotazione ben precisa, per quanto il titolo ci faccia immaginare si tratti di una storia di vampiri, in realtà c’è ben altro. Questa figura non viene descritta come siamo soliti trovarla nella letteratura o nei film ed è questo che, secondo me, attrae maggiormente del romanzo, il regalarci un pizzico di originalità in più rispetto all’immaginario collettivo sui vampiri. Lo sviluppo del romanzo è totalmente inaspettato, soprattutto nel finale, che vede l’unione fare la forza, un gruppo di donne tanto diverse l’una dall’altra, collaborare e dare il proprio contributo per salvare il mondo. Se pensate che la trama ruoti soltanto intorno a un club di lettura e a un vampiro misterioso, siete totalmente fuori strada. Sono molte le tematiche affrontate dall’autore, anche piuttosto delicate e complesse. Sicuramente non manca di porre l’accento sulla disuguaglianza tra personaggi ricchi, bianchi e avvantaggiati e altri poveri, neri, con lavori umili, che non vengono ascoltati, oppure vengono considerati “sacrificabili”. Nè mancano attenzioni alle dinamiche familiari più disparate, a riflessioni religiose e a slanci femministi di tutto rispetto. Ci sono anche un bel po' di trigger warning da tenere in considerazione, si parla di suicidio, di stupro, di malattie mentali, rapimento di bambini, morti di bambini e animali, quindi se volete intraprendere la lettura, valutate anche questo. 

Tra tutti i personaggi, Patricia è quello che secondo me fa davvero la differenza, che si pone a metà tra due realtà opposte, che cerca sempre di aiutare gli altri e di fare la cosa giusta, di trovare una soluzione che non crei sofferenza o disagio a nessuno. O, almeno, ci prova. Tenta, fallisce, ma continua a provare. Certo, ci vorrà più di metà libro prima che comprenda determinate cose e si svegli, ma alla fine avrà un buon riscatto e sceglierà ciò che è meglio anche per lei, perché come tutti comprende di meritare un po' di serenità. Non sono comunque da meno le altre protagoniste, che con le loro storie rappresentano una vasta gamma del mondo femminile, con tutte le sue forze e fragilità, che contrastano in maniera netta con quello maschile, talvolta più spaventoso di una sadica creatura millenaria.

Questo libro ha una buona struttura narrativa, uno stile considerevole, e nonostante la lunghezza è talmente piacevole da leggere che non ti rendi conto delle pagine che scorrono, merito anche di un piglio ironico che più volte ti fa scaturire una risata di gusto (ho riso davvero tanto, non succedeva da un po' con una lettura). La storia è caratterizzata da un crescendo di tensione (soprattutto nell'ultima parte) e non vi sono mai situazioni scontate e banali, rabbrividirete per cose totalmente inaspettate. È stato così strano passare dalla risata allo shock nel giro di poche pagine! 

Una lettura diversa dal solito, posso confermarlo, e avrei ancora molte cose da dire su questo libro ma so che poi vi rovinerei la sorpresa, perciò taccio e vi consiglio di recuperarlo e scoprire da voi che segreti nasconde e quanto può scombussolarvi e tenervi svegl* la notte. Fatemi sapere se lo avete letto o lo leggerete, vi aspetto al varco ;)
Fonte immagini: Pinterest (My midjourney art)

lunedì 12 maggio 2025

Recensione: Tutto questo fuoco di Ángeles Caso(a cura di Ms Rosewater)

Buongiorno, lettor* e buon lunedì! ^^
Inizia una nuova settimana e oggi per voi abbiamo anche una nuova recensione. La nostra Ms Rosewater ha letto Tutto questo fuoco, di Ángeles Caso, una biografia romanzata delle sorelle Brontë. Inutile dirvi quanto sia interessante *-* Scopritela qui sotto e lasciateci un commentino. Ci siete mancat* e non vediamo l'ora di scoprire i vostri pareri e confrontarci con voi. Buona lettura! 

Tutto questo fuoco
di Ángeles Caso

Prezzo: 9,99 € (eBook) 18,00 € (cop. flessibile)
Pagine: 256
Genere: biografia romanzata
Editore: Marcos y Marcos
Data di pubblicazione: 28 febbraio 2024

Crescono isolate, senza madre, in una canonica ai margini della brughiera. Soprattutto sono donne, e nell’Inghilterra vittoriana le donne devono solo sposarsi e fare figli. Sottomissione e bellezza, possibilmente un degno patrimonio, servono a conquistarsi un buon partito. Charlotte, Emily e Anne Brontë non sono certo ricche, la loro bellezza non rispetta i canoni dell’epoca; di sottomettersi a un uomo, poi, neanche a parlarne. Nutrono, per di più, una strana passione. Fin da bambine, ogni pomeriggio nella piccola sala da pranzo della canonica, tirano fuori gli scrittoi, affilano le penne e scrivono. Non si fermano qui; le tre sorelle Brontë, senza nessuna protezione, contro tutto, riescono a pubblicare. E quando pubblicano, sfondano. Non è un successo passeggero: Jane Eyre e Cime tempestose restano tra i romanzi fondamentali della letteratura mondiale. La signora di Wildfell Hall è un romanzo scandalosamente femminista, sempre più apprezzato. Come hanno fatto, le sorelle Brontë? Da dove viene, tutto questo fuoco?

Ancora oggi esiste un pregiudizio verso la letteratura femminile, tuttora troppo spesso associata alla letteratura rosa, di scarso valore. Alcuni editori nutrono questa falsa credenza inondando le librerie di racconti di amori adolescenziali (scritti magari da un uomo con uno pseudonimo femminile) e infilando sempre un elemento romance (come si dice oggi) anche in storie in cui si potrebbe evitarlo. Per quanto geniale e moderna fosse Jane Austen, in termini di stile e critica della società, nell'immaginario di molti continua a essere una scrittrice per donne di romanzi romantici, così come capita per le sorelle Brontë e, ci scommetterei, anche per Elena Ferrante, nonostante il successo planetario e le trasposizioni televisive.

Ma se è vero che l'amore era ampiamente rappresentato nella letteratura femminile del passato, per capirne il motivo bisogna calarsi nel periodo e nella condizione delle donne, escluse in gran parte dalla vita pubblica, considerate inadatte allo studio e prive di diritti fondamentali come quello di voto. Non avevano, soprattutto se povere, molto spazio di manovra, il loro era un mondo ristretto e confinato, ne scrivevano dilatando uno spazio estremamente angusto.

Così fu anche per Anne, Charlotte ed Emily Brontë, figlie di un povero pastore protestante, orfane di madre, nate e vissute per quasi tutta la loro esistenza nelle brughiere dello Yorkshire, per niente ospitali, battute dal vento e dalla pioggia, ma incredibilmente affascinanti. Nonostante la libertà di leggere, esplorare e la grande cultura che possedevano (elementi non comuni in quel periodo), le tre sorelle erano comunque figlie di un tempo in cui l'orizzonte sentimentale era il più rappresentativo per il loro genere, e ne fecero uno specchio non solo delle proprie vite, ma della stessa società che formava il genere femminile a ragionare in termini matrimoniali, a trovarsi un consorte per amore o convenienza, in mancanza del quale avrebbero dovuto dedicarsi a lavori umili come l'istitutrice togliendo tempo e vita alla loro reale inclinazione.

Ángeles Caso racconta la vita delle tre sorelle concentrandosi sul periodo in cui decisero di pubblicare le loro poesie e successivamente i loro romanzi. Lo sguardo è in realtà molto più ampio e va continuamente dal presente al passato e viceversa, delineando non solo il momento, ma anche la storia familiare e le vicissitudini personali di ognuna. I ritratti delle Brontë sono tracciati parallelamente alla definizione dei loro stili narrativi: Anne più mite e delicata, ma - vedremo - capace come le sorelle di essere rivoluzionaria; Charlotte, che secondo Caso fu la vera ispiratrice dell'impresa di pubblicare, era la più pratica e ambiziosa, preoccupata di liberarle dall'incubo di tornare a fare le istitutrici, si prese la responsabilità di pensare al futuro di tutte loro; Emily, spirituale, legata alla natura, scabra come la brughiera in cui abitavano e decisa a difendere la purezza del proprio lavoro, a rappresentare la vita così com'è, senza preoccuparsi di essere sgradevole a qualcuno.
La loro scrittura aveva le radici nel loro legame e i loro lavori sono frutto della comunione dei pomeriggi passati a comporre ognuna i propri versi e le proprie storie, ma insieme, unite, consapevoli della presenza rassicurante e incoraggiante delle altre.

La storia di queste autrici è straordinaria per l'innovazione del loro lavoro letterario, attraverso i loro personaggi hanno rappresentato la condizione femminile in un modo per l'epoca mai visto. Il carattere schietto e fiero di Jane Eyre, il coraggio di Helen Graham di lasciare il marito violento, il divorante sentimento di Catherine Earnshaw sono in netto contrasto con i modelli del tempo che riservavano alle donne un ruolo decorativo e sottomesso che le tre scrittrici hanno sempre intimamente rifiutato.

Gli eventi vengono raccontati in massima parte da un narratore esterno, con dialoghi piuttosto rari, una scelta che ha i suoi vantaggi, perché rende certamente più interessante la lettura rispetto alla freddezza di una biografia classica, ma può diventare pesante, specialmente quando l'autrice va troppo a fondo nella descrizione degli stati d'animo delle protagoniste, lasciando poco all'intuizione del lettore. Più semplice sarebbe stato puntare maggiormente sui dialoghi, che alleggerendo la lettura avrebbero comunque fatto progredire la storia e delineato con maggiore immediatezza i caratteri delle sorelle. D'altronde, romanzare una biografia dovrebbe essere proprio questo, dare voce ai protagonisti come se fossero personaggi.

Lo stile è buono, a volte ridondante, mentre è notevole il controllo di una struttura narrativa piuttosto complessa che non perde mai coerenza.

Da queste pagine traspare una grande ammirazione per Anne, Charlotte ed Emily Brontë, ed è questa a spingere il lettore magari più abituato alla sintesi della letteratura anglosassone a continuare la lettura nonostante qualche caduta di ritmo.

Tutto questo fuoco è un ottimo libro per avvicinarsi al mondo raccolto e passionale delle sorelle Brontë e conoscere il mondo in cui hanno vissuto e gli ostacoli che hanno dovuto superare per poter pubblicare i loro libri. L'autrice ci accompagna nella brughiera e nella loro casa, nella loro quotidianità e nell'intimità di quei meravigliosi pomeriggi di scrittura corale.

Ms Rosewater


Photo credit: @lisapavesi

venerdì 9 maggio 2025

Recensione: "Lettere d'amore per Sally Jones" di Angela Contini (a cura di Marika)

Ben ritrovati carissimi Coffeeaholics adorati!
Come state? Come stanno andando queste giornate di primavera? Noi, divise tra ordinaria follia quotidiana e tram tram di vita, riapriamo i battenti al nostro amato blog che dopo un periodo di pausa meritata, riavvia l'attività alla grande con tantissime nuove recensioni (stay tuned!). E proprio a tal proposito, oggi vi parlo di un libro uscito da pochissimo, tutto made in Italy e che non potrà deludere le aspettative e i lettori avidi di romance storici: sto parlando di Lettere d'amore per Sally Jones di Angela Contini che ritorna in questo nuovo anno con una storia scoppiettante condita con un pizzico di pepe e personaggi fuori dagli schemi. 

Prezzo: 2,99 €(ebook) 13,42 € (cop. flessibile)
Pagine: 336
Genere: romanzo storico
Editore: self-publishing
Data di pubblicazione: 8 maggio 2025

Sally ha le idee chiare: sposerà chi vuole lei e non chi ha deciso suo padre. Trova, in Archibald Bellingham, futuro conte di Brighton, il candidato perfetto come marito. Tutto pare andare secondo i piani. Se solo non ci fosse lui. Arek Bellingham, fratello minore del visconte Brighton, incarna tutto ciò che Sally ama in un uomo. È bello, intelligente, e non la giudica per la sua smisurata passione per gli scritti sconvenienti di Worthington, il suo romanziere preferito. Sally con Arek si sente libera di esprimersi, ma anche in pericolo, perché i sentimenti che nutre per lui, non sono affatto fraterni. Arek ricorda perfettamente Sally, sin dal loro primo incontro, poco più di un anno prima. È bella come la ricordava, ma più spigliata della giovane ragazza timida che si nascondeva dietro la sorella, per questo lo attrae inesorabilmente, ma suo fratello l'ha chiesta in sposa e lei ha detto sì. Oltretutto Sally non sa che Arek altri non è che Edmund Worthington, pseudonimo che usa per scrivere romanzi che la società inglese giudica spregiudicati e inopportuni. La loro amichevole frequentazione lo getta nella disperazione, perché Sally suscita in lui una passione smodata, tanto da non passare inosservata agli occhi di Archie che intima al fratello minore di stare lontano da Sally. Ma Arek non è poi così convinto che sia l'amore a spingere il fratello verso Sally. Forse vuole solo nascondere una scomoda verità. Sarà la lealtà fraterna a prevalere o la passione per la donna desiderata? Un amore inopportuno e impossibile quello tra Arek e Sally, che forse cela qualche segreto di troppo, ma non è detto che scoprirlo non cambi le carte in tavola e le regole del gioco.

Sally Jones,
sorella minore di Sandy Jones che nella scorsa stagione aveva sposato nientepopodimeno che Stuart Pennington, conte di Tennyson, vive la sua vita nella lussuosa dimora del cognato, trascorrendo le giornate a leggere le storie dell'autore Edmund Worthington, ritenuto scandaloso per l'epoca. Tra i suoi pensieri, però, c'è l'idea di sposarsi con un buon partito, preferibilmente giovane ed educato, senza troppe pretese, senza agognare alla storia d'amore da favola come sua sorella Sandy. Tutto pur di sfuggire a un padre che, abbagliato dai soldi, potrebbe darla in sposa anche a un anziano signore. L'occasione giusta si presenta quando Archibald Bellingham, conte di Brighton e amico di suo cognato Stuart, prova un improvviso interesse per lei tanto da bruciare le tappe con un corteggiamento breve e una proposta di matrimonio veloce. Sally accetta, lo trova piacevole, dolce e simpatico anche se a tratti sfuggente e pragmatico. 

E tra cene, giochi ed eventi mondani, la nostra protagonista farà la conoscenza anche di Arcadius, detto Arek, fratello di Archie che tutti conoscono per la sua nomea di libertino e sfrontato. Nomea che ben presto avrà vita breve con Sally che pian piano gli rapirà prima la mente e poi il cuore. Trascorrono insieme pomeriggi e notti dedicate alla lettura che li unirà sempre di più fino a spingere Sally a dire tutta la verità ad Archie. Ma nemmeno lui è tanto innocente e nasconde un segreto che potrebbe costargli il suo posto nella società dabbene, senza contare che suo fratello Arek, ha una doppia vita. 
Riuscirà Sally a sbrogliare le loro tre vite intrecciate e ad avere il suo happy ending

La Contini, ritorna nel mondo delle pubblicazioni con una storia dallo stile avvincente e il linguaggio diretto e consono all'epoca, e lo fa regalando al lettore vicende frizzanti, amori proibiti, viaggi che attraversano l'Inghilterra, dichiarazioni mozzafiato, lettere pregne di sentimenti genuini e personaggi straordinariamente umani. Personaggi che si traducono in Sally, una ragazza apparentemente tranquilla e poco avvezza agli scandali che sorprenderà con il suo acume, la sua semplicità e la sua innata passione per i libri. E ancora, in Arek, un uomo affascinante, seducente, intelligente e maestro nell'arte della scrittura che non farà mistero dei suoi sentimenti e del suo bagaglio emotivo; e infine in Archie, una figura composta, attenta alle buone maniere, calato perfettamente nel ruolo di erede e conte poco esperto delle sottovesti femminili.

La cosa sorprendente di questo romanzo è che, nonostante le etichette letterarie lo incasellino nel genere romantico e storico, l'autrice non manca di intessere tra parole, discorsi e punteggiatura, tematiche importanti sia in un'epoca in cui venivano viste come scandalo, sia in questa odierna in cui ancora si lotta per amare liberamente, e per essere accettati da una società che condanna il diverso. E la Contini narra di amori alla pari, e di figure che pur mantenendo la loro identità, non rinunciano al cuore e a ciò che ne comporta. 

Un'altra cosa su cui porre l'accento sono le figure femminili narrate nei suoi libri, brillanti, avanguardiste, ambiziose, innovative, piene di vita e poco inclini a essere assoggettate e messe da parte. Ognuna è padrona del proprio destino con tutti i pro e i contro che le situazioni richiedono; mentre i co-protagonisti maschili non rappresentano il classico cliché dell'uomo tutto d'un pezzo, quanto piuttosto figure che, pur avendo vantaggi sociali, non ne approfittano e fanno sperare in un mondo migliore fatto di parità. 

In conclusione, Lettere d'amore per Sally Jones è una storia che narra le vicende di una ragazza qualunque della società dabbene che, conscia del suo mondo, dei suoi doveri e dell'epoca in cui vive, stravolge le regole non scritte del perbenismo a favore della libertà e dei sogni.

Voto: 5 tazzine di caffè speziato, intenso e peperino come la storia.

Fonte immagini: Pinterest

giovedì 20 febbraio 2025

Rubrica: Coffee&Ciak - A Complete Unknown (a cura di Ms Rosewater)

Buongiorno lettor*! ^^
Oggi la nostra MsRosewater ha deciso di riesumare la rubrica Coffee&Ciak, dedicata a film e serie tv, per parlarci di A Complete Unknown, film biografia su Bob Dylan, del regista James Mangold, interpretato da Timothée Chalamet. Il film è uscito nelle sale il 23 gennaio, qualcuno ne ha parlato benissimo, qualcun altro malissimo. Scoprite l'opinione di Ms Rosewater che, ve lo dico da subito, è una grande fan di Bob Dylan. Avrà apprezzato A Complete Unknown? 
E a voi è piaciuto? Fatecelo sapere nei commenti! ;)

A Complete Unknown
di James Mangold, con Timothée Chalamet


Quando ho scoperto Bob Dylan ascoltavo continuamente le cassette dei suoi album mentre leggevo la storica biografia di Antony Scaduto e guardavo (e riguardavo) Don't Look Back, il documentario di D.A. Pennebaker sulla tournée londinese di Bob Dylan e Joan Baez del 1965. Devo aver consumato la videocassetta presa in prestito in biblioteca, osservavo ogni mossa, ogni atteggiamento, ogni posa del giovane Bob fino a che mi accorsi che cominciavo a sorridere e ad atteggiare le mani come lui.

Ecco, Timothée Chalamet deve aver fatto più o meno la stessa cosa, solo di più, molto di più. Troppo, quasi. Ce l'ha messa veramente tutta per diventare Bob Dylan, e per chi conosce abbastanza l'iconografia dylaniana è facile ritrovare i singoli riferimenti fotografici e sonori (i dialoghi in studio sono assolutamente simili ad alcuni che si trovano nei dischi), le unghie lunghe e la camicia a pois che sfoggia in alcune foto, è tutto noto. È quasi disturbante guardarlo in certe inquadrature e ascoltare la voce schiacciata e stridulina perfettamente simile a quella di Bob; quando si toglie gli occhiali da sole ti aspetti di vedere Dylan, ma, ahimé, è Chalamet.

Bisogna ammetterlo, si è veramente impegnato, ma il risultato per quanto curato è puramente estetico: se quando entriamo in sala non sappiamo nulla di Dylan e della sua musica, altrettanto ignoranti ne usciamo. Certo, il nostro eroe non ha mai amato rendere noti i suoi stati d'animo, ma - come ci aveva dimostrato I'm not there - ci sono molti modi per raccontare Dylan: attraverso le canzoni, i testi fantasmagorici, cornucopie di immagini che hanno ribaltato il mondo, Maggie, Queen Jane, i personaggi che vivono in Desolation Row, le metafore, i riferimenti letterari e linguistici sempre abbondanti, soprattutto nei primi dischi (anche quelli folk). Materia ricchissima per tracciare un ritratto in sospeso tra il poco che è dato sapere e il tanto che possiamo ascoltare. Invece tutta la pellicola resta su un piano didascalico, le canzoni sono appena accennate, arrivano a sottolineare un momento in cui Bob seduce Joan Baez o in cui una piagnucolosa Suze Rotolo (che non viene mai chiamata col suo vero nome, immagino per volontà degli eredi) si rende conto che la storia col menestrello di Duluth è finita. Il mistero dunque non sarà svelato, dentro al guscio non c'è alcun pulcino.

Tutto il film è costruito su questa vuota mimesi, non c'è climax e anticlimax, l'eccitazione, l'elettricità di quel periodo così eccezionale, non solo per la musica ma anche per il mondo, la politica, non si percepisce. Non c'è nessuna urgenza di scrivere canzoni e le relazioni romantiche del nostro sono rappresentate in modo superficiale: lui si aggira con un'espressione da giovane zombie e fa soffrire Joan Baez e Suze Rotolo, ma non c'è fuoco, no, no. Come può un personaggio del genere aver scritto Girl from the North Country o Farewell Angelina o It Ain't Me Babe? Qualcosa non torna. Come non torna l'assoluta mancanza di “vizio”: Dylan/Chalamet vive in un Village degli anni 60 più virtuoso di Disneyland, senza droghe e senza alcol; fuma parecchio, ma solo sigarette col filtro giallo e non beve, giusto un sorso di vino. Solo un musicista nero si permette in una delle scene più divertenti del film (e non sono molte) di bere alcol e dichiarare di apprezzarlo, i bianchi tutti santi.

Ci sono però omissioni più gravi. Mi riferisco alle personalità di Pete Seeger - quello sì splendidamente interpretato da Edward Norton, tanto spontaneo quanto rigido e artificioso è Chalamet- e Woody Guthrie, il grande eroe del giovanissimo Bob. Il primo è dipinto come un hippie ante-litteram, un caro vecchietto che scopre per primo il grande talento di Bobby Zimmerman, ma di cui vengono taciuti gli enormi meriti musicali e di lotta per i diritti civili, riducendolo a un cantante tradizionale che anima innocui programmi televisivi per famiglie.
Peggio ancora va a Guthrie, il motore immobile di tutto il primo periodo della carriera di Bob Dylan, ricoverato in ospedale, praticamente incapace di parlare, ma del quale davvero non sappiamo niente, nonostante la pellicola si apra proprio con Bob che si fa un viaggio dal Minnesota a New York per andarlo a trovare.

Nonostante ciò il regista ha comunque cura di mostrarci in una scena la sua chitarra, che riporta la storica frase “This guitar kills fascists”, così che CHI SA possa uggiolare nel riconoscerla. Ecco, alla fine è questa la furbata, fare un film non per ispirare i giovani con la seppur inquietante interpretazione di Chalamet, ma solleticare i ricordi di noi dinosauri, noi che l'elettricità l'avremmo sentita in ogni caso perché quella storia la conosciamo bene e possiamo aggiungervi i pezzi mancanti.

Mi sento di promuovere la scelta dei brani che compaiono nel film, si tratta soprattutto dei classiconi che lo resero famoso (Hard Rain, Blowin in the wind...), ma ci sono anche canzoni meno note e altrettanto belle, Girl from the North Country, Farewell Angelina e soprattutto Masters of war. Sono versi che risuonano ancora oggi, sottolineando un altro momento drammatico dell'umanità dopo la Guerra Fredda.
Il racconto di Bob Dylan però merita di più: creatività, follia, sorpresa, surrealtà, merita imprevedibilità e cattiveria, perché è questo, da sempre.

Se amate Bob Dylan vi sconsiglio caldamente la visione e se non lo conoscete, idem. 

Ms Rosewater



Fonte immagini: Google Immagini

martedì 18 febbraio 2025

Recensione: Stupore e Tremori di Amélie Nothomb (a cura di Ms Rosewater)

Buongiorno, lettor*! Come state? 
Io ho avuto qualche imprevisto di troppo in questo periodo e non sono riuscita a riattivarmi come avrei voluto, ma forse finalmente ce l'abbiamo fatta. Il blog riapre ufficialmente i battenti e si comincia con la prima recensione dell'anno a cura della nostra Ms Rosewater, che ha letto Stupore e Tremori di Amélie Nothomb. Scoprite il suo parere e #staytuned per le prossime reviews che arriveranno prestissimo! ;)

Stupore e Tremori
di Amélie Nothomb

Prezzo: 6,99 € (eBook) 13,00 € (cop. flessibile)
Pagine: 105
Genere: narrativa contemporanea
Editore: Voland
Data di pubblicazione: 17 maggio 2017
Acquista su: IBS, laFeltrinelli (link aff.)

La giovane Amélie è riuscita a trovare impiego in un'importantissima multinazionale giapponese, realizzando il sogno di tornare a vivere nel suo paese d'origine. L'incapacità di adeguarsi allo spietato automatismo di "una delle aziende più grandi dell'universo" la porterà però a subire, in un crescendo di umiliazioni, l'esperienza di una vertiginosa discesa agli inferi. Unica luce, l'altera bellezza di Fubuki, sottile e flessuosa come un arco. Ma anche lei, nonostante il fascino, resta pur sempre un superiore che ama ostentare il proprio piccolo potere.

Amélie Nothomb
è una superstar della letteratura contemporanea, un personaggio dall'estetica bizzarra e sofisticata, tanto europea quanto orientale, che può contare su un esercito di lettori appassionati sparso per tutto il pianeta, abituato ad aspettarsi almeno una pubblicazione all'anno, e a giudicare dalla continuità con la quale arriva puntuale a questo appuntamento, dopo molti anni e molti libri, si diverte ancora molto a scrivere.

Ho in casa due suoi libri che non ho ancora letto (Metafisica dei tubi  e Una perfetta stanza d'ospedale), ma alla fine ho iniziato da questo titolo tanto affascinante e in realtà più recente di quanto pensassi (2001).
Stupore e Tremori è il racconto autobiografico del tentativo della scrittrice di tornare a vivere in Giappone, dove era nata 22 anni prima. I suoi ricordi d'infanzia erano paradisiaci, ma né il suo passato né la sua provenienza da un ambiente socialmente privilegiato e cosmopolita (il padre è un diplomatico) la potevano difendere dal durissimo impatto con la cultura giapponese e con la religione aziendalista.

Animata da incosciente ottimismo, umorismo, e una totale mancanza di ambizioni, Amélie esplora con l'ingenuità di un giovane, e più di tutto un giovane occidentale, gli uffici della ditta Yumimoto, rimanendo incantata praticamente davanti a qualsiasi cosa e commettendo un'infinita serie di errori che in qualunque altro luogo sarebbero perdonati, ma che qui le valgono tremende sgridate da parte di quasi tutta la scala gerarchica dell'ufficio; è solo l'inizio di un percorso in discesa fatto di scontri verbali, deliri e punizioni sottili, implacabili e degradanti.

È comprensibile, e sicuramente è stato un bene, che siano passati circa dieci anni tra questi avvenimenti e la pubblicazione di un libro che altrimenti avrebbe potuto essere molto drammatico e cupo. Fortunatamente il tempo e l'umorismo dell'autrice l'hanno aiutata a rendere in modo brillante e divertente un'esperienza indubbiamente traumatica (lo si intuisce in diversi momenti e lo dice lei stessa, nonostante il tono leggero e ironico del racconto). Anche se messa all'angolo, umiliata dall'affascinante superiore Fubuki, rimane ancora incantata dalla sua ineffabile bellezza e finisce per sferrarle alcune notevoli stoccate approfittando proprio della cultura locale e delle agghiaccianti aspettative riposte nel genere femminile.

Alla luce di queste pagine l'armonia e la grazia che emanano dalla cultura Giapponese appaiono uno strenuo tentativo di controllare un sistema sociale di sconvolgente violenza in cui il perpetuarsi della tradizione e il totale asservimento dei subalterni costituiscono l'impalcatura del presente. Pur modernissimo, il Giappone di Stupore e Tremori è lo stesso di 200 anni fa e gli individui vivono servendo un padrone, una volta chiamato Shogun e ora trasceso nell'entità astratta e immaginifica dell'azienda, consacrandogli letteralmente la vita, senza altro scopo che questo. Il continuo, terrificante autocontrollo che gli individui esercitano su loro stessi e le proprie emozioni li porta alla follia o (come nel caso di uno dei superiori di Amélie) alla sublimazione dei desideri e della rabbia attraverso la violenza verbale e l'umiliazione dei sottoposti.

Chiunque abbia lavorato in un ufficio riconoscerà la spietatezza dell'ambiente impiegatizio (cose simili, anche se le modalità sono diverse, accadono ovunque) con le sue dinamiche apparentemente innocue per chi non le conosca dall'interno.

L'autrice passa dall'entusiasmo alla delusione, alla disperazione, senza però perdere la propria la propria dignità, senza cedere alla crudeltà del sistema. L'esperienza alla Yumimoto è la fine dell'innocenza di Amélie Nothomb e l'inizio della sua vita adulta, la presa di coscienza di ciò che vuole essere e diventare, un vero punto di svolta.

L'ironia, la scrittura leggera e lo stile scorrevole e ironico rende difficile mollare il libro, una pagina tira l'altra, letteralmente. Se non siete ancora fan di Amélie Nothomb, potrebbe essere questa l'occasione giusta per conoscerla.

Ms Rosewater


Fonte immagini: Google Immagini

martedì 31 dicembre 2024

Recensione: "La casa vicino al ruscello" di Christina Stead (a cura di Ms Rosewater)

Buongiorno, lettor*! ^^
Concludiamo l'anno con una nuova recensione di Ms Rosewater, che stavolta ci parla di un libro un po' datato ma imperdibile, La casa vicino al ruscello: Quasi una storia di fantasmi, di Christina Stead, autrice di L'uomo che amava i bambini, di cui vi ha già parlato QUI. Scoprite questa piccola perla, se ancora non la conoscete, e fateci sapere se vi intriga e se anche a voi piacerebbe venisse ripubblicata. 

La casa vicino al ruscello
di Christina Stead

Pagine: 99 
Genere: narrativa, horror
Editore: Theoria
Data di pubblicazione: 1 agosto 1992
VOLUME FUORI CATALOGO


Ho letto questo libro molti anni fa, ho deciso di rileggerlo dopo aver scoperto L'uomo che amava i bambini. Mi ha sorpresa ritrovare intatte le sensazioni e l'atmosfera che ricordavo, rese ancora più voluttuose e pungenti, ora che, sulla scorta del romanzo letto la scorsa estate, ho una maggiore esperienza dell'abilità linguistica della scrittrice. Si tratta in realtà di opere molto diverse: l'uno dominato dalla presenza brulicante, continua ed estenuante di una numerosa famiglia e dalla lingua costruita dal protagonista come strumento di potere, mentre la novella - parte della raccolta The puzzle headed girl, apparentemente introvabile - è densa della vita naturale di piante, animali e insetti che si affolla fuori e dentro un villino in fondo a una valle, vicino, appunto, a un ruscello. Una casa di pietra con una prolunga in legno dove si avvicendano due famiglie di scrittori, entrambe, per motivi diversi, alla ricerca di un luogo tranquillo per poter lavorare e vincere i propri fantasmi. Sulle colline circostanti i vicini offrono compagnia e talvolta aiuto, mentre intorno al cottage infuria la crescita di piante che ricoprono ogni centimetro e sembrano proteggere e prendere forza dal luogo, animali e insetti e uccelli vanno e vengono, i giorni vibrano di colori e suoni, del rigoglio dei fiori, le notti dell'andirivieni delle moffette e dei topi, dei loro rumori e degli strani scricchiolii della casa.

E' un luogo incantato e vivo, ma non solo dell'attività della Natura. Quasi impercettibilmente, s'insinua una figura invisibile di cui si avverte sempre più insistentemente la presenza. È nei muri e nel giardino e nella piccola valle, in attesa. Avanza silenziosa per intimidire chi vorrebbe installarsi nel cottage, perché è ancora suo.

La scrittrice racconta la classica storia di una casa infestata attraverso la voce dello stesso cottage e del paesaggio in cui sorge: essi formano un organismo unico e inscindibile, talvolta infastidito dagli esseri umani, ma immutabile e invincibile. I protagonisti, le due coppie di città, gli abitanti della valle, non sono, in fondo, che comparse: nonostante le loro vicende e le esistenze drammatiche, attraversano il paesaggio e ogni loro traccia viene inghiottita dalla vegetazione, cancellata non appena scompaiono alla vista.
La casa vicino al ruscello li attrae e li scaccia col suo fantasma che scende le scale di notte, coi coltelli nascosti nella stalla, e i topi che corrono nei muri, con l'acqua che esce dall'argine e allaga tutto.
Una novella di poche pagine che travolge chi la legge con le immagini, i colori, gli odori e i rumori di cui risuona e che si spandono, come cerchi nell'acqua, per restare a lungo nella memoria.
Un libro bellissimo che spero Adelphi (che sta ripubblicando l'opera della scrittrice australiana) recupererà insieme al resto della raccolta originale, perderlo sarebbe un vero peccato.

Tante, tante tazzine.

Ms Rosewater


Photo credit: @lisapavesi

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