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lunedì 5 dicembre 2022

Recensione: "Il Mago di Riga" di Giorgio Fontata (a cura di Ms Rosewater)

 
Buongiorno! ^^
Oggi la nostra Ms Rosewater ci parla di un romanzo biografico uscito per Sellerio, Il Mago di Riga, di Giorgio Fontana. Dopo essersi appassionata al mondo degli scacchi, grazie a La Regina degli Scacchi, non ha resistito al richiamo di questo libro. Le sarà piaciuto? Scopritelo nella recensione!

Il Mago di Riga
di Giorgio Fontana

Prezzo: 8,99 € (eBook) 13,00 € (cop. flessibile)
Pagine: 136
Genere: narrativa contemporanea, biografia
Editore: Sellerio Editore Palermo
Data di pubblicazione: 21 aprile 2022

«Questo miraggio delle partite o delle vite senza sbagli: no, Miša si teneva volentieri il fallimento. Si teneva la vulnerabilità e lo scompiglio. Tanto valeva ubriacarsi o combinare pasticci, ma rispettare sempre la dignità del singolo essere umano. Meglio giocare, giocare per la pura festa di giocare, fino a che giorno e notte non perdano di senso: giocare con la devozione e la letizia dei ragazzini che strillano e non vogliono tornare a casa a fare i compiti o lavarsi - le stupide incombenze del mondo reale». Michail «Miša» Tal' (1936-1992), che prima di Kasparov fu il più giovane Campione del mondo della storia, sconvolse l'universo degli scacchi incarnando il gioco come arte, invenzione, complicazione. Lo chiamavano il Mago di Riga per la capacità di «evocare tutte le forze oscure che ogni posizione celava dentro di sé»: bramava il disordine e il sacrificio dei pezzi (atti che per lui racchiudevano anche un significato esistenziale), opposti ai prevalenti distillati di razionalità e pragmatismo. Il 5 maggio del 1992 disputò la sua ultima partita di torneo (sarebbe morto il mese dopo) contro un giovane Grande maestro - lui che a soli ventitré anni aveva battuto Botvinnik, il «Patriarca» della scuola sovietica, che «affermava di non giocare mai per puro piacere». Tra una mossa e l'altra, Miša ricapitola a lampi di memoria la sua movimentata e anarchica esistenza. Cinquantacinque anni segnati dal genio precoce e da costanti malattie, ma vibranti di un gioioso, fraterno e dissipato desiderio di vivere. Le tenerezze dell'infanzia, gli anni d'oro, il declino e le rinascite; le partite che erano sempre per lui «la paziente tessitura di un altrove»; l'umorismo straripante e l'empatia verso chiunque (una sfida al bar con un avventore, una ragazza che piange dopo la partita); e naturalmente i tornei, i molti amori, le sbornie, le beffe al KGB, la costante sete di libertà. Tutto rinasce, come in punto di morte. E mentre cresce la suspense del duello in corso, nella mente del Mago di Riga fioriscono i «momenti fatali» che risvegliano in lui l'essenza, poetica e caotica, della vita. In questo romanzo Giorgio Fontana racconta l'epica di un uomo straordinario che raggiunge la vetta profondendo in ogni mossa l'amore per il rischio, lontano da qualunque cinismo, e dimostrando a un mondo incredulo che talora le storie sono più forti della realtà - che due più due, come Miša amava dire, può fare cinque.

A tutti, soprattutto a chi scrive, disegna, dipinge o si dedica ad altre forme d'arte, è capitato di amare tanto un personaggio, così tanto da decidere di dedicargli una creazione: ricordo che quand'ero ragazzina ho disegnato tutte le canzoni di uno dei miei album preferiti dei TalkTalk (“The Colour of Spring”) e inventato fumetti bizzarri con i miei eroi musicali. Ma che dire delle tante opere che ha ispirato Bob Dylan tra cui libri a fumetti, film e un divertente cameo nel libro di A.M.Homes “Questo libro ti salverà la vita”, oppure Glen Gould, a cui Thomas Bernhard ha dedicato l'ossessivo “Il soccombente”, tanto per citarne un paio? Questi omaggi, per quanto rischiosi, permettono di sentirsi vicini a qualcuno che ammiriamo davvero, rendergli onore e magari carpire un po' della loro magia.

Per Giorgio Fontana la tentazione ha preso le sembianze di Mihail 'Tal, soprannominato “Il mago di Riga”, scacchista dal talento artistico, più giovane campione del mondo della storia, personalità molto diversa dai classici giocatori severi e rigidi oppure fissati e paranoici che troviamo descritti anche ne “La regina degli scacchi”. 'Tal era divertente, esagerato, indisciplinato, una rockstar degli scacchi ribelle e anticonformista, un genio tormentato da una salute fragile, un personaggio a cui era veramente difficile resistere.

Lo scrittore si cala nell'ultima partita di torneo giocata da 'Tal contro il più giovane Akopian: lunghi flash-back della vita del geniale campione che ci fanno conoscere la sua infanzia, i suoi amori e le sue intemperanze - sgradite eppur tollerate dal governo dell'Unione Sovietica - si alternano al presente con il confronto tra il Maestro e lo sfidante, lo studio delle mosse possibili, le riflessioni di un vecchio campione, facendo emergere non solo l'eccezionale carattere di 'Tal, ma anche il suo stile di gioco, basato sui pedoni e reso inconfondibile dai sacrifici di pezzi importanti.

Fontana trasforma il racconto in una lunga meditazione filosofica sull'esistenza, gli scacchi, il destino, il talento accoppiato a un potenziale handicap, la parabola del successo e l'inesauribile fame di vita di 'Tal, una riflessione che sembra più volte prendere il sopravvento sulla storia, diventando quasi didattica e finendo per annichilire l'interesse del lettore. E' così impegnato a seguire le proprie elucubrazioni che non si rende conto che il racconto perde ritmo, procede quasi a strappi, diventando a volte leggermente confuso.

Se in “La Regina degli Scacchi” (recensito su questo blog qualche mese fa, QUI) il dialogo interiore, la descrizione degli stati d'animo e della simbologia sono praticamente assenti e sta al lettore ricostruirli attraverso il comportamento (per altro talvolta ambiguo) dei personaggi, qui ci troviamo all'estremo opposto, quasi che il pubblico non fosse in grado di leggere il significato simbolico di ciò che viene raccontato, lo scrittore sfoggia insistentemente il suo arsenale linguistico di tutto rispetto, ma, purtroppo, non riesce a trasmettere alcuna emozione.

Si potrebbe obiettare che anche il già citato “Il soccombente” muove da una storia per poi perdersi in centinaia di pensieri, descrizioni ed elucubrazioni che si avvitano senza fine; tuttavia, Bernard lo ha scritto con la tecnica del flusso di coscienza, una narrazione interna, coinvolgente e che fa proprio delle considerazioni e delle riflessioni parte strutturale della narrazione, materia viva ben diversa dalla torrenziale divagazione filosofica che appesantisce la lettura e interrompe il flusso narrativo.

Peccato, le premesse erano molto interessanti. Sarà per la prossima volta. 

Ms Rosewater

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