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martedì 6 giugno 2023

Recensione: "Idda" di Michela Marzano (a cura di Ms Rosewater)

Buongiorno! ^^
Oggi una recensione negativa - ogni tanto arrivano anche loro - di Ms Rosewater al romanzo Idda, di Michela Marzano. Scoprite tutti i motivi per cui il libro non l'ha convinta e fateci sapere se la pensate allo stesso modo o diversamente. Vi aspettiamo nei commenti! ;)

Idda
di Michela Marzano

Prezzo: 9,99 € (eBook) 17,50 € (cop. rigida)
Pagine: 235
Genere: narrativa contemporanea
Editore: Einaudi
Data di pubblicazione: 22 gennaio 2019
Acquista su: IBS, laFeltrinelli

Alessandra è una biologa che insegna a Parigi, dove abita con Pierre. Da anni non va nel Salento, il luogo in cui è nata e che ha lasciato dopo un evento drammatico, perché non riesce a fare i conti con le ombre della sua famiglia. Quando Annie, l'anziana madre di Pierre, è ricoverata in una clinica perché sta progressivamente perdendo la memoria, Alessandra è costretta a rimettere tutto in discussione. Chi siamo quando pezzi interi della nostra vita scivolano via? Che cosa resta di noi? Svuotando la casa della suocera, che deve essere messa in vendita, Alessandra entra nell'universo di questa stenodattilografa degli anni Quaranta, e pian piano ne ricostruisce la quotidianità, come fosse l'unico modo per sapere chi era, adesso che smarrendosi Annie sembra essere diventata un'altra. Nel rapporto con lei, ogni giorno più intimo, Alessandra si sente dopo tanto tempo di nuovo figlia, e d'improvviso riaffiorano le parole dell'infanzia e i ricordi che aveva soffocato. È grazie a 'idda', ad Annie, che ora può affrontarli, tornando là dove tutto è cominciato. Bisogna attraversare le macerie, recuperare la propria storia, per scoprire che l'amore sopravvive all'oblio.

Ho un problema con gli scrittori italiani, non riesco a leggerli. Da adolescente poteva essere una ribellione alle imposizioni della scuola e la fascinazione per la letteratura anglosassone, ma oggi devo riconoscerlo, la letteratura italiana (a parte Primo Levi, Giorgio Falco, Dino Buzzati e pochi altri) non fa per me.

Quando ho visto questo titolo scelto per un gruppo di lettura su disabilità e neurodivergenza sono stata un bel po' indecisa se rischiare e partecipare o meno; alla fine, visto che è grazie a questo stesso gruppo che ho conosciuto Una Specie di Scintilla di Elle McNicolls, ho chiuso gli occhi e fatto l'acquisto. E ho fatto una cazzata.

Antonio Tettamanti, giornalista, sceneggiatore e insegnante, diceva che "Per imparare a scrivere bisogna leggere e scrivere e sicuramente" aveva ragione, ma dopo aver letto Idda mi sento di dire che a volte non è abbastanza.

Alessandra è italiana e vive a Parigi. Lei e il suo compagno Pierre sono docenti universitari (come la stessa Marzano), senza figli ed entrambi con traumi affettivi famigliari. Quando la madre di Pierre, Annie, viene trasferita in una casa di riposo, è ormai evidente che una forma di demenza sta cancellando tutti i suoi ricordi. Mentre il figlio non accetta la condizione degenerativa della donna, Alessandra cerca di ricostruirne la personalità ormai in frantumi per comprendere meglio il compagno e le sue ferite d'infanzia e, attraverso i documenti che recupera dall'appartamento della donna, si fa un'idea di come è stata la sua vita, gettando una luce sui motivi del suo allontanamento emotivo da marito e figlio. Cercando nella storia di Annie, Alessandra sente risuonare il proprio drammatico passato, che aveva tentato di seppellire, e alla fine troverà il coraggio di affrontarlo.

Nonostante il libro si apra proprio nella casa di riposo e Alessandra (Ale, come la chiama insistentemente Pierre, quasi avesse paura di dimenticare il nome della compagna), riporti i dialoghi con Annie, con l'infermiera che la cura, con la badante imbrogliona che le ha rubato moltissimi soldi, nonostante ci venga mostrato il penoso compito di svuotare la sua casa, dalla quale emergono i famosi documenti di cui sopra, la narrazione dell'Alzheimer non esce dall'aneddotica classica e si ha la sensazione di star girando intorno al nucleo della malattia, come se mancasse il coraggio o la volontà di fare il passo che porterebbe a sentirsi davvero coinvolti e in un certo senso a non poter ignorare la condizione di Annie, che rimane, a parte una fugace allusione all'incontinenza, una vecchina innocua, che non si sporca, non ha crisi violente, insomma, non dà fastidio.

La malattia è per l'autrice solo uno spunto per un racconto sentimentale e un discorso sulla permanenza della persona anche quando questa non è mentalmente o fisicamente presente; purtroppo, quest'obiettivo si perde in una narrazione ripetitiva e tutto sommato superficiale., lasciando il lettore drammaticamente insoddisfatto.

Questo è il difetto principale del libro, dovuto in gran parte allo stile, che sembra non aver recepito la regola fondamentale (e non lo dico io) della letteratura contemporanea: telling by showing, raccontare mostrando. Marzano descrive pedissequamente come si sente Pier, come si sente Alessandra, descrive sentimenti, descrive azioni banali che ci potremmo immaginare da soli, continua a ripetere gli stessi concetti (quanto mi voleva bene la mia mamma, mi chiamava puricina e veniva nelle mia camera quando studiavo, e io non ho più niente a che fare con l'Italia, ecc) più e più volte, rendendo pesante la lettura e stremando la sottoscritta.

Si tratta di didascalismo, peccato originale della letteratura italiana, la mancata fiducia nell'immaginazione del lettore e l'incapacità di esprimersi attraverso le immagini. Non è obbligatorio scrivere come i contemporanei americani o come Agotha Kristoff, ma non tutti sono Emile Zola o Oscar Wilde.

Michela Marzano pecca senza redenzione se aggiungiamo che i personaggi sono bidimensionali e anche se, ad esempio, continua a ripetere che Pierre è un eterno adolescente che non vuole prendersi responsabilità, non convince. La stessa Alessandra si presenta come una biologa botanica che struttura rigidamente la propria vita quasi categorizzandola come la scienza che insegna, idea non nuova ma che poteva essere interessante esplorare e che invece viene abbandonata quasi subito per ritornare come un cadavere che emerge da una palude di quando in quando. Continua a contraddirsi, prima dice di usare le parole per mettere ordine, poi di non essere brava con le parole, la Puglia non è casa sua, ma poi è casa sua... I mutamenti di atteggiamento verso, ad esempio, l'idea di un viaggio in Italia (all'inizio la protagonista non ne vuol sapere, successivamente accetta e parte col compagno) non sono supportati da passaggi convincenti.

La seconda parte del romanzo peggiora le cose: Alessandra comincia a girare nella sua immaginazione un film della vita di Annie, giovane francese del dopoguerra che ambisce all'emancipazione che dà un lavoro e finisce con lo sposare il capo. Ancora una volta la scrittrice esagera con le descrizioni dei sentimenti, salta alle conclusioni senza poter dire con certezza (o almeno con buona approssimazione) perché Annie (ad esempio) non ricordi più il marito, fino a dipingere un quadretto nostalgico degno dei film romantici degli anni 50 in cui l'emancipazione finisce quando nasce un figlio e una donna spera sempre di avere una figlia femmina per fare shopping insieme.

Il viaggio di Pierre e Alessandra a Lecce poteva essere un'occasione per lasciare almeno un buon ricordo di questo libro: la casa in rovina, il padre malato, la perfida zia, potevano davvero essere trattati come elementi gotici, anche un po' inquietanti, senza contare un eventuale colpo di scena finale che chiarisse i motivi della crisi che aveva portato alla tragedia da cui era fuggita la protagonista, qualcosa per movimentare l'elettroencefalogramma del lettore. Invece no, la gita turistica si conclude senza una vera rivelazione, ma ancora una volta con le elucubrazioni di Alessandra che spiega come siano andate le cose tra i suoi genitori, cosa che poteva fare anche restando a Parigi.

A questo punto il romanzo ha definitivamente sconfinato nel territorio di un Harmony senza sesso (non so se ringraziare l'autrice, almeno per questo) in cui non ci viene risparmiata neanche una tiritera sul vero amore (pagina 225) e un lieto fine che lascia la glicemia alta.

Non metto in dubbio che Michela Marzano sia una persona di cultura, ma per scrivere un romanzo, per affascinare un lettore, c'è bisogno anche di ritmo, passione, di una lingua capace di evocare (e che occasione poteva essere quella di un personaggio che perde la memoria, per costruire una lingua, pur di fantasia, in grado di mostrarci chi era e chi è Annie?) di affabulazione e idee forti che, purtroppo, non ho trovato in queste pagine.

Mi sento di chiudere la recensione con qualche consiglio di lettura testata su argomenti simili: se volete leggere un romanzo che tratta il declino dovuto all'Alzheimer, provate a leggere Le correzioni di Jonathan Franzen, mentre per un libro sul rapporto con una madre anziana che diventa fragile Una donna di Annie Ernaux.
1 tazzina (perché non posso dare di meno)

Ms Rosewater

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