Buongiorno, lettor*! ^^
In questa settimana pienissima, arriva un nuovo Review Party, dedicato stavolta a Nella vita dei burattini, di TJ Klune, autore amatissimo per le sue storie originali. Scopriamo oggi il suo ultimo lavoro, pubblicato da Mondadori, che si discosta abbastanza dai precedenti ma che porta sempre l'impronta indelebile del suo stile magico e commovente. Leggete l'opinione di Elena e fateci sapere il vostro parere ;) A presto!
Nella vita dei burattini
di TJ Klune
Prezzo: 9,99 € (eBook) 19,00 € (cop. rigida)
Pagine: 456
Genere: fantascienza
Editore: Mondadori
Data di pubblicazione: 20 giugno 2023
Acquista su: IBS, laFeltrinelli (link aff.)
In una foresta antica e sperduta, in mezzo ad alberi maestosi, c'è una curiosa casetta in cui abitano tre robot: Giovanni Lawson, detto Gio, androide inventore; l'Infermiera Ratched, macchina per l'assistenza sanitaria dolcemente sadica; e Rambo, piccolo aspirapolvere ansioso. Insieme a loro il giovane Victor Lawson, unico essere umano della famiglia. La vita scorre tranquilla finché un giorno Vic trova e ripara un androide sconosciuto chiamato Hap, e scopre che lui e Gio condividono un oscuro passato. L'arrivo di Hap turba la serenità della famiglia, che fino a quel momento ha vissuto nascosta, svelandone la posizione agli agenti dell'Autorità a caccia di ribelli. Gio viene catturato e portato nella Città dei Sogni Elettrici, dove rischia di essere smantellato o, peggio, riprogrammato. E così, per salvarlo, Victor, Hap, Rambo e l'Infermiera Ratched si mettono in cammino attraverso un paese ignoto e ostile. Il viaggio sarà l'occasione per riflettere su ciò che distingue un cuore umano da un cuore meccanico, e Vic si troverà a compiere una scelta decisiva: sarà in grado di aprirsi all'amore, con tutto quello che comporta?
Le giornate calde estive continuano e durante le ore di riposo, insieme a un buon libro, la ricerca di luoghi freschi e rilassanti diventa una bellissima esplorazione. Ed è così che ho scovato un angolino in mezzo al verde, un boschetto al fresco e all’ombra di alti alberi, con il sottofondo del canto degli uccelli e il vento fra le foglie, un ambiente perfetto per immergersi nell’ultimo libro di T. J. Klune, Nella vita dei burattini, edito da Mondadori nella collana Oscar Fabula, con la traduzione di Benedetta Gallo e Paola Molica.
"Tra gli alberi c'era sicurezza, lontano dalle luci dure e accecanti e dalla cacofonia della città."
Nella vita dei burattini è un retelling di Le avventure di Pinocchio, di Carlo Collodi, un romanzo d’avventura fantascientifica e di formazione, condita dall’ironia e dalla commozione che caratterizzano le storie e la scrittura di T J Klune. La storia inizia con l'incontro tra un uomo di nome Giovanni Lawson “(che in verità non era affatto un uomo)” e una casa: un incontro che determinerà un nuovo scopo e innescherà una serie di rivelazioni e colpi di scena che collegheranno più di un destino. Dapprima la costruzione di un luogo lontano da tutto, in mezzo a una foresta antica e sperduta, tra gli abeti, i re incontaminati, che con il tempo divengono una dimora, un rifugio. Una casa troppo stipata e, soprattutto, troppo silenziosa. Come rimediare? Al primo problema, Giovanni, un essere che non prende scorciatoie e che vede il mondo in forme e disegni complessi, capisce che deve costruire la sua casa, non in orizzontale, ma guardando in su verso il cielo, in verticale. Una casa con più stanze sugli alberi, tutte collegate da ponti e ascensori di corda.
“E rimase in pace fino al giorno in cui cominciò a dolergli il petto. «Oh, ma pensa» disse. «Che strana sensazione. Brucia.»
Eseguì dei calcoli in laboratorio. Batteva sulla tastiera, con il piatto clac clac clac dei pulsanti che gli riecheggiava intorno.
«Capisco». [...] Guardò lo schermo, controllò i numeri. Era solitudine, pura e semplice. I numeri non mentivano, mai.”
Trascorreranno anni di silenzio, in cui Giovanni non desidererà altro che udire una voce diversa dalla propria. E un giorno come un altro, alla sua porta viene lasciato un bambino umano, Victor, la salvezza dal suo malessere chiamato solitudine. L’incontro tra i due è il rapporto cardine e il tema fondante del romanzo: una relazione basata sulla crescita, la conoscenza e l’amore tra un padre e un figlio. Una relazione che dietro l’amore nasconde oscure verità e menzogne, ma nonostante il passato, è una relazione forte e chiara, sincera e leale, in cui un padre e un figlio non potranno fare altro che sostenersi l’un l’altro. Un amore trasmesso e ricambiato per chi si è, difetti e malfunzionamenti inclusi. Due uomini che hanno molto in comune: la curiosità e il potere della creatività e di inventare: a uno piace creare e all’altro aggiustare, accomunati dall’incapacità di disfarsi di qualsiasi cosa.
“Giovanni iniziò a preoccuparsi quando vide che Victor cresceva, cresceva e cresceva, ma continuava a non parlare. Sapeva che il bambino lo ascoltava, era sicuro che capisse.
<Hai un difetto di programmazione?> gli chiese quando il piccolo aveva quattro anni. <Ho commesso un errore?>
[...] <No> disse allora. <Tu sei esattamente come dovresti essere. Non avrei dovuto chiederlo. Se esiste la perfezione in questo mondo, tu ne sei un esempio.>
Sentì di nuovo una fitta al petto, ma questa volta per una ragione completamente diversa. Giovanni non aveva bisogno di alcun calcolo. Sapeva cos’era. Era amore. E sebbene desiderasse più di ogni altra cosa che Victor gli dicesse una parola, non insistette.”
Da uno scenario arboreo alla Barone Rampante, ci ritroviamo catapultati in un mondo distopico, futuristico, fantascientifico, immersi in un deposito di rottami in mezzo a pile di detriti metallici. E conosciamo altri due componenti della squadra: Rambo, un minuscolo robot aspirapolvere, chiacchierone, in cerca d’affetto, che si angoscia per qualsiasi cosa, come la sporcizia e ogni genere di morte possibile e immaginabile, e la razionale e sarcastica Infermiera Ratched, un lungo rettangolo di metallo, dai cui lati fuoriescono una serie di tentatoli e vari strumenti chirurgici, con un monitor frontale come volto. E come sempre Klune, suo punto di forza, ci regala un trio di amici, con le proprie caratteristiche e personalità, a cui non ci si può che affezionare. Un sognatore malinconico ed empatico, un ossessivo compulsivo e una sociopatica, che insieme formano una squadra di carne e ossa, metallo e bulbi, follie, risate e riflessioni, con qualche rotella fuori posto.
“<Andiamo> li spronò Vic. <Dobbiamo fare in fretta. Quali sono le regole?> <Stare uniti!> strillò il robottino.
<Scappare se necessario> disse l’Infermiera Ratched.
<Non trastullarsi!>
<Non trapanare.>
<E, soprattutto, essere coraggiosi!>”
Al gruppo di amici, si aggiunge un altro misterioso e affascinante componente, che porterà con sé nuovi interrogativi e aprirà vecchie ferite. Cinque personaggi che da soli rimarrebbero oggetti ed entità singole con scopi ordinari e prescritti, ma che insieme formeranno una famiglia, che si sosterrà alla ricerca della propria “designazione”, il proprio compito, scopo e verità.
Una verità in frantumi, nascosta nelle profondità silenziose di un bosco, piena di sensi di colpa e omissioni. Una verità, che come schegge di vetro conficcate nella pelle, è diventata una ferita che dovrà essere riaperta e curata in modo sincero e in piena luce, percorrendo un lungo viaggio fisico e mentale. Un viaggio pericoloso, dove chiunque è pronto ad affondare i denti. Un viaggio metaforico, grazie al quale una famiglia potrà ritrovare la propria voce e parola, un’arma difficile ma necessaria da impugnare per ritrovare se stessi e il proprio nome. Trovare la “designazione”, un’identità, quel dono che rende ogni essere vivente unico e concreto, vivo. Una voce scaturita dalla memoria: Victor, la voce, con i suoi amici, persi e orfani di certezze e memoria, compiranno un viaggio, che li porterà in città davanti alla verità, davanti a Giovanni, personificazione della vacuità e fragilità della memoria. Rambo, l’Infermiera Ratched e Hap, personificano e rappresentano la ricerca di legami e connessioni, coloro che donano sostegno, contro la solitudine e la paura. Rappresentano quei legami che in potenza potrebbero portare amore od odio ma che, nella storia, diventano incontri cruciali, le amicizie vere che spronano, sgridano e salvano. Quei legami che l’essere umano non smetterà mai di ricercare e creare, con il rischio di diventare essi stessi dei pupazzi, dei burattini, senza più controllo dei fili e delle emozioni, che allo stesso tempo allontanano e avvicinano. Fili, che senza un cuore forte e fragile, divengono catene.
“<Gli umani erano allo sbando» rispose. «E soli. Non credo avessero la minima idea di quanto fossero soli. Perciò si misero di nuovo a costruire, a creare macchine che gli somigliassero sempre di più. Nonostante fossero circondati dai loro simili, erano comunque alla ricerca di una connessione. In un certo senso, erano come degli dei, dotati del potere della creazione.>”
In Nella vita dei burattini l’aspetto più debole è l’ambientazione fantascientifica, trattata più in superficie, basandosi sulle citazioni, come i romanzi di Asimov sull’intelligenza artificiale e sulla coscienza, la letteratura per l’infanzia tra Pinocchio e Il Mago di Oz, un affascinante inventore alla Anakin Skywalker, i film nostalgici del secolo scorso e una colonna sonora con le note della musica “degli ingranaggi di vita” del genere del Blues. Tra questi omaggi alle creazioni umane, troviamo i tratti di un romanzo di formazione, una storia intimista ed etica, in cui ci si interroga, letteralmente con dialoghi quasi socratici e filosofici, sulla natura dell’essere umano: il porsi domande e ricercare possibili risposte, i “perché” dell’evoluzione, della capacità di sognare e sperare, del destino e del significato di perdono e del tempo, della fortuna e del concetto di mortalità e memoria, il cui potere risiede nella lotta tra cuore e mente. Ci si interroga, anche, sui lati oscuri dell’umanità: l’egoismo, l’avidità, l’onnipotenza e l’autodistruzione. Il credersi illogicamente immortali e superiori agli eventi, portando solo odio e paura verso ciò che non si conosce.
“<Cantano, ballano, ridono e si innamorano. Il paradiso. La vita poteva essere bellissima, anche se c’era chi faceva del proprio meglio per radere al suolo ogni cosa. Alcuni dedicavano la propria esistenza ad aiutare il prossimo. Ma c’erano altri che sparavano nei deserti e nelle scuole, chiudevano le frontiere in faccia a chi cercava un rifugio, e promulgavano regole e leggi volte a colpire i più deboli.>”
Nella vita dei burattini diviene, così, romanzo che è allo stesso tempo nostalgico e promemoria di ciò che può creare di bello la mente umana, ma anche un romanzo monito e promemoria dell’attualissimo tema della decadenza e della distruzione portata dall’essere umano, causata dal mancato rispetto verso la natura e il pianeta stesso e dall’avanzare senza controllo e irresponsabile del progresso.
T J Klune trasporta con il suo stile scorrevole, dialogico e particolare, fatto di onomatopee e parole ripetute, in un romanzo sfaccettato tra la fiaba e la fantascienza, non lento, che alterna momenti di dialoghi a momenti dinamici, in una storia circolare, piena di colpi di scena e di azione, di riflessione e di pausa. Come la quotidianità di ognuno di noi.
“<Avevano paura l’uno dell’altro. Di se stessi. Giudicavano chi non era come loro. Egoisti, crudeli e, peggio di ogni cosa, indifferenti. Nessuna civiltà può sopravvivere all’indifferenza. Si diffonde come un veleno, trasformando l’ardore in apatia, un’infezione catastrofica la cui cura richiede più di ciò che gran parte della gente è disposta a dare.>”
Ringrazio la casa editrice Mondadori per la copia digitale e per la lettura in anteprima di Nella vita dei burattini, in cambio di un’onesta opinione e ringrazio Silvia di I miei sogni tra le pagine per aver organizzato l’evento.
Non mi resta che augurarvi buone letture.
Elena
Photo credit: @tsundoku_bookstyle
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